Il Comandante in Capo Fidel Castro firma la Legge di Riforma Agraria nel Comando de La Plata

Il premio Nobel per l’economia Paul Krugman ha scritto sul New York Times che “nessun uomo è autosufficiente, sebbene Trump lo sia più della maggior parte. Cosicché, per comprendere la grandezza dei suoi errori nelle decisioni politiche, è necessario riconoscere la straordinaria qualità delle persone che lo circondano. Ciaro che quando dico “straordinaria”, in realtà voglio dire una qualità straordinariamente bassa. Lincoln aveva una squadra di rivali; Trump ha una squadra di imbecilli”.

Questo è quello che stiamo osservando in quelli che formulano ed attuano la politica verso Cuba che, oltre che irrazionale, è abbastanza desolante, perché sembra che siano gli attacchi forsennati, fuori controllo, come se la bile accumulata in tanti anni da molti fallimenti li rendesse più rabbiosi, benché confesso che non gli si può negare il merito dell’efficacia di mascherare la verità di fronte all’opinione pubblica. Sono veri dottori in scienza nell’arte di diffondere menzogne.

Da prima di giungere al potere e approfittando della visione transazionale che Trump ha, questi camaleonti hanno sequestrato la politica verso la nostra nazione ed hanno ripreso l’aggressione per distruggere la Rivoluzione. Per questo, riattivano i processi giudiziari e le cause del titolo III della Legge Helms-Burton, legislazione che propugna, con le sue imposizioni, come dobbiamo essere e come dobbiamo fare per riconvertirci, con totale umiliazione, in un’enclave neocoloniale.

E’ l’ottusa ossessione di infondere paura agli investitori stranieri affinché desistano dall’investire nell’isola, ma anche ai cubani che ci saranno azioni legali e dovremo restituirgli tutte le proprietà nazionalizzate o confiscate, dal 1 gennaio 1959 siano stati o meno di cittadini USA in quel momento, segnando, chiaramente, l’interesse di favorire i batistiani che trovarono sicuro rifugio negli USA dopo la fuga del tiranno Fulgencio Batista.

Nazionalizzazione ed espropriazione

Con la consegna dei titoli di proprietà della terra, si manteneva una promessa del Moncada ed una delle aspettative espresse nel Congresso Contadino in Armi a Soledad di Mayarì Arriba. Foto: Granma

Con la consegna dei titoli di proprietà della terra, si manteneva una promessa del Moncada ed una delle aspettative espresse nel Congresso Contadino in Armi a Soledad di Mayarì Arriba. Foto: Granma

Nelle norme del diritto internazionale si contempla la potestà degli stati di esercitare il principio della nazionalizzazione per rivendicare beni, sia di persone naturali che di persone straniere, sempre e quando non si realizzi per motivi discriminatori e si aggiudichi la corrispondente indennizzi.
Così, ad esempio, la Carta dei Diritti e Doveri Economici degli Stati, approvata dall’Assemblea Generale ONU nel 1974, afferma che “ogni Stato ha il diritto a nazionalizzare, espropriare o trasferire la proprietà di beni stranieri, nel qual caso, lo Stato che adotti tali misure dovrà pagare un’appropriata compensazione, tenendo conto delle sue leggi e regolamenti applicabili e tutte le circostanze che lo Stato consideri pertinenti. In ogni caso in cui la competizione sia motivo di controversia, questa sarà risolta secondo la legge nazionale dello Stato che nazionalizza”.

Il Governo Rivoluzionario cubano emise, nel febbraio 1959, la Legge Fondamentale della Repubblica dove si ripresero gli elementi cardine della Costituzione del 1940, la quale vietò il latifondo e stabilì l’espropriazione forzata per pubblica utilità e di interesse nazionale (che non poterono realizzarsi poiché mai nella pseudo-repubblica si fecero leggi complementari per attuare entrambe le disposizioni).

Cuba nazionalizzò le proprietà USA, tra il maggio 1959 e ottobre 1960, nell’ambito dei principi stabiliti dalla legislazione a partire dalla Legge di Riforma Agraria, il 17 maggio 1959, che la fece finita con il latifondo, ed altre misure, come la Legge 851 del 6 luglio 1960, in cui si stabilirono anche i meccanismi di indennizzo.
La nota e riconosciuta giurista Olga Mirada Bravo lasciò, prima di morire, numerosi testi di conferenze impartite negli organismi nazionali ed internazionali, così come i libri sulle nazionalizzazioni ed il blocco, dal momento che, nel 1992, durante i primi dibattiti all’ONU sulla risoluzione di denuncia del blocco, il governo USA giustificò l’applicazione di queste misure coercitive ed extraterritoriali contro il nostro paese garantendo che fosse essenzialmente una risposta alla nazionalizzazione dei beni appartenenti agli USA.

Il 9 luglio 1993 la rappresentante permanente di Cuba presso l’ONU consegnò al Segretario Generale una lettera ed un lungo documento preparato da un gruppo di esperti su richiesta del Governo cubano, in cui è chiaramente dimostrato che il programma di coercizione economica determinò sempre l’interesse delle autorità USA di far pressione per imporre il sistema politico di gradimento USA, mentre non accettarono mai nessuna delle proposte presentate da Cuba per risarcire i proprietari nazionalizzati.

Manca anche totalmente di fondamento l’argomentazione impugnata dagli USA che la nazionalizzazione attuata da Cuba fu illegale e discriminatoria, poiché tale processo incluse proprietà di cittadini di altri paesi. Ad eccezione degli USA, il resto dei paesi adottò una posizione di rispetto in relazione alla decisione sovrana di Cuba e stabilirono trattative con le autorità cubane per la compensazione ai propri cittadini per le proprietà che questi avevano sull’isola. In questo modo, si conclusero accordi con Francia, Svizzera, Gran Bretagna, Canada, Spagna, tra altri, per effettuare le compensazioni, stabilendo scadenze per la loro esecuzione secondo la pratica internazionale in questi casi.

Un’altra importante precisazione, fatta dalla nota giurista Olga Miranda, delimita la questione della confisca dei cittadini di origine cubana al sottolineare che, indipendentemente dal processo di nazionalizzazione, si effettuò la confisca dei beni malversati, mediante procedure stabilite dalla legge, sia attraverso via giudiziaria come amministrativa.

Tale era la portata della frode e furto, che si creò il Ministero del Recupero dei Beni Malversati per determinare in ogni caso, medianti scrupolosi dossier, i beni malversati prodotto di conosciute operazioni fraudolente ed illecite, o ulteriormente legittimati dalla fuga in massa dei loro gestori, proprietari e complici, molti dei quali dagli ultimi mesi del 1958 andavano trasferendo ingenti somme a banche USA, e quasi tutti credettero che questo fosse un processo di transizione, poiché gli USA mai avrebbero permesso una Cuba indipendente e certamente, in questione di mesi, sarebbero intervenuti nel paese. L’elenco delle persone fisiche o giuridiche sanzionate può essere trovato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica di quegli anni.

Naturalmente, segnalò la dottoressa Miranda, poiché la confisca presuppone un fatto punibile, questi casi non comportano alcuna compensazione, da qui la loro sostanziale differenza con la nazionalizzazione, che non è una sanzione e comporta adeguata indennizzo.

Ora, per confondere e coprirsi, molti dei pretesi reclamanti della Helms-Burton di origine cubana, furono effettivamente confiscati e non nazionalizzati, di modo che, a Cuba, non ebbero alcun diritto a compensazione.
Questa azione della Helms-Burton, oltre all’immoralità che ne risulta, viola i limiti stabiliti dal Diritto Internazionale che non conferisce diritti retroattivi ai cittadini per naturalizzazione.

Rispetto al diritto di nazionalizzare, è riconosciuto da non poche personalità ed istituzioni nordamericane che gli USA sempre agirono nell’ambito della coercizione. Dal primo momento, si rifiutò di applicare la formula compensativa proposta da Cuba, che era pienamente compatibile con la pratica internazionale. L’arroganza egemonica impedì all’amministrazione Eisenhower accettare la decisione cubana di uguaglianza sovrana per indennizzare i nazionalizzati; non per il modo in cui fu concepita, ma per il criterio che i suoi cittadini non potevano essere oggetto di espropriazioni.

Al contrario, assunse forme che, in seguito, avrebbero convertito tali reclami in ostaggio della sua politica. Fondamentalmente, impose ai danneggiati un modello di soluzione che permise al governo USA assumere la negoziazione. Il programma di rivendicazioni che elaborò durante quasi otto anni (1964-1972) le concentrò in 5911 casi di cittadini USA al momento della nazionalizzazione, benché solamente una ventina di società hanno quasi l’87% del totale reclamato.

Nonostante essere aggredita, Cuba si è sempre manifestata per indennizzare

Il governo statunitense ostacolò la possibilità di indennizzazione togliendo a Cuba la quota dello zucchero per tentare di strangolarla. Foto Granma

Il governo statunitense ostacolò la possibilità di indennizzazione togliendo a Cuba la quota dello zucchero per tentare di strangolarla. Foto Granma

Il ricercatore cubano Alejandro Aguilar, titolare dell’Istituto Nazionale di Ricerche Economiche, ha pubblicato diverse analisi su questo tema che, senza dubbio, si è convertito in una questione di sicurezza nazionale per Cuba. A partire dalle cause per le quali gli statunitensi non ricevettero un indennizzo per le proprietà nazionalizzate, si è chiesto: Obbedisce forse ad una mancanza di volontà politica di Cuba per questo? Poté Cuba affrontare economicamente la liquidazione degli indennizzi e sotto quali condizioni? Propiziarono, gli USA, un clima adeguato per condurre negoziazioni ed indennizzo? Mantengono vigenza i reclami USA dopo quasi sei decenni di blocco, varie aggressioni ed una sistematica ostilità?

In un corposa argomentazione, il dottor Aguilar segnalò che la Legge di Riforma Agraria, promulgata il 17 maggio 1959, mirava a potenziare l’economia agricola zootecnica del paese, eliminando il possesso improduttivo della terra ed, in particolare, il latifondo, che era già proscritto nella Costituzione approvata nel 1940. Per dare un’idea: il Censimento Agricolo Nazionale del 1946 aveva rivelato questa situazione quando informava che il 15% dei proprietari disponevano quasi del 50% delle aziende agricole.

Nei suoi commenti, il ricercatore sottolineò che la Legge riconobbe anche il diritto costituzionale di indennizzo e stabilì il pagamento mediante Titoli della Riforma Agraria redimibili in 20 anni, con interessi annuali non superiori al 4,5%, per cui si sarebbero inclusi i fondi nel bilancio di ogni anno. Inoltre, stabilì un’eccezione dell’imposta sul reddito personale a quei destinatari di titoli che avessero investito questi fondi. “Le condizioni di ammortizzazione degli indennizzi superavano di gran lunga quelli stabiliti dagli stessi USA per i proprietari terrieri nella riforma attuata durante la loro occupazione del Giappone”, ha sottolineato.
Aguilar ricorda anche che dalla promulgazione della Riforma Agraria, le autorità cubane informarono della loro disponibilità ad esaminare, con il governo USA, su una base di uguaglianza e rispetto reciproco, il tema degli indennizzi ai cittadini USA, allo stesso tempo richiedeva a tale governo di astenersi dall’adottare qualsiasi misura che potesse interferire con il progresso dei negoziati.

Tuttavia, come azione di pressione l’amministrazione USA solo accettò che tale espropriazione comportasse con sé il pagamento di una tempestiva, adeguata ed effettiva compensazione, qualcosa di veramente irrazionale poiché sapevano perfettamente che i personaggi della tirannia, che usurpò il potere a Cuba dal 1952, con il loro totale sostegno avevano saccheggiato le casse della nazione, rubando e dilapidando oltre 460 milioni di $ dalle riserve monetarie internazionali del paese ed avevano lasciato un saldo di debito pubblico di oltre 1,3 miliardi di $.
Un altro elemento importante che sottolinea il ricercatore è che ai primi di giugno 1960 le compagnie petrolifere USA informarono che non avrebbero più inviato petrolio a Cuba e vietarono alle loro raffinerie sull’isola di processare petrolio di altre fonti, nonostante la Legge cubana sui Minerali e Combustibili, in vigore dal 9 maggio 1938, stabiliva l’obbligo di queste società di processare il greggio che lo Stato gli somministrasse.

Nonostante questa aggressione che pretendeva paralizzare il paese, come parte della politica per provocare il soffocamento economico, nella Legge n. 851 del 1960 che autorizza la nazionalizzazione delle società USA si considerò la compensazione dei beni colpiti.
Il Titolare dell’Istituto Nazionale di Ricerche Economiche ricalcò che quella Legge sulla nazionalizzazione nell’articolo 5, stabilì il pagamento per i beni espropriati con titoli della Repubblica, che si sarebbero ammortizzati in un periodo non inferiore a 30 anni, dalla data di esproprio, e con un interesse non inferiore al 2%, per il quale si sarebbe creato il “Fondo per il Pagamento di Espropriazioni di Beni e Società di Cittadini USA”.
Per l’ammortizzazione di tali titoli e come garanzia degli stessi, questo Fondo creato dallo Stato cubano si sarebbe alimentato annualmente con il 25% delle valute estere che corrispondano all’eccesso degli acquisti di zucchero che, in ogni anno solare, realizzano gli USA oltre i 3 milioni di tonnellate lunghe spagnole per il suo consumo interno e ad un prezzo non inferiore a 5,7 centesimi per libbra inglese (FAS).

Se il governo USA avesse appoggiato questa formula, oltre a fornire i fondi per l’indennizzo, sarebbe risultato economicamente vantaggioso per il contribuente USA con prezzi probabilmente minori a quelli che prevalsero nel mercato interno.
Ma come espressione delle sue spietate intenzioni, ciò che fece il governo USA fu emettere il proclama presidenziale 3355, del 6 luglio 1960, cancellando la quota di zucchero per ciò che restava del 1960 e, mesi dopo, cancellò totalmente tutta la quota di zucchero. Con questo, il governo USA eliminò la capacità di pagamento per indennizzare le nazionalizzazioni ai cittadini USA.

Inapplicabile e senza valore né effetto giuridico alcuno

Nella Gazzetta Ufficiale dell'epoca sono pubblicate tutte le misure di nazionalizzazione e di espropriazione

Nella Gazzetta Ufficiale dell’epoca sono pubblicate tutte le misure di nazionalizzazione e di espropriazione

Qualsiasi analisi obiettiva, ai sensi delle norme del Diritto Internazionale, concluderà che le espropriazioni decise ebbero per motivazione dotare il popolo cubano di un modo e qualità di vita degna. Non v’è alcuna violazione del trattato da parte del Governo di Cuba, al momento della sua decisione di nazionalizzare, né costituirono ritorsione contro la singolare politica di uno Stato o di un gruppo di Stati, ma la determinazione di creare condizioni primarie e necessarie per lo sviluppo sociale, economico e politico della nazione.
Pertanto, la Legge 80, Legge di Riaffermazione della Dignità e Sovranità Cubane oltre a dichiarare illecita la Legge “Helms-Burton”, inapplicabile e senza valore né effetto giuridico alcuno, considera nulla tutti i reclami in base ad essa di persona naturale o giuridica, qualunque fosse la sua cittadinanza o nazionalità.
Tuttavia, stabilisce che gli indennizzi per lei proprietà USA nazionalizzate in virtù di questo legittimo processo, convalidato dalle leggi cubane e dal Diritto Internazionale, potranno far parte di un processo di negoziazione tra il Governo USA ed il Governo della Repubblica di Cuba, sulla base dell’uguaglianza e del rispetto reciproco.
E stabilisce come principio giuridico che i reclami di indennizzo per la nazionalizzazione di dette proprietà dovranno essere esaminate congiuntamente con gli indennizzi a cui lo Stato ed il popolo cubano hanno diritto, a causa dei danni causati dal blocco e dalle aggressioni di ogni tipo, la cui responsabilità corrisponde al Governo USA.
Allo stesso modo, la Legge cubana stabilisce che saranno esclusi da futuri possibili negoziati qualsiasi persona fisica o giuridica degli USA che utilizzi le procedure ed i meccanismi della Legge “Helms-Burton”, si appelli a questi o tratti di usarli a scapito degli altri.
Le aberranti pretese di impossessarsi di Cuba ritornano ad esacerbare il conflitto ed, ancora una volta, commettono lo stesso errore: sottovalutare la vocazione patriottica ed indipendentista dei cubani.

di Lazaro Barredo

da Cubadebate

traduzione di Francesco Monterisi

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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