Donne. Sono tutte donne, ma per fortuna non tutte sono uguali. Perché l’uguaglianza è una aspirazione sociale, quindi economica, quindi strutturale, ma la differenza è umana, come affermava un’altra donna spesso dimenticata dalla sinistra marxista, dai comunisti e dalle comuniste, quindi è un valore imprescindibile perché investe la moralità e il civismo.
Christine Lagarde, già presidente del Fondo Monetario Internazionale, subentrerà a Mario Draghi alla testa della Banca Centrale Europea; mentre Ursula von der Leyen, fedelissima di Angela Merkel, già ministro della famiglia nel suo primo governo, sarà la sostituta di Jean Claude Junker alla guida della Commissione Europea, quindi il governo di questo continente così tanto economico, affaristico e potenza mondiale in quanto a ricchezza e così povero di uguaglianza sociale e di differenza umana.
Poi, tra le donne di cui si parla in queste ore, ce n’è un’altra che – niente di personale con Lagarde e von der Leyen, semplice “questione di classe” – ci è più empatica e simpatica: empatica perché con lei condividiamo una visione del mondo che discosta dagli interessi delle grandi banche e dei luoghi di concentrazione del potere economico mondiale o continentale; una visione del mondo che invece si impernia sul capovolgimento delle prospettive attraverso cui si guarda la prosperità di una società: non dal rapporto tra Pil e deficit e nemmeno dalla percentuale dello spread che sale e scende come se stesse facendo un giro sulle montagne russe.
Una visione del mondo che parte dal singolo essere umano per abbracciare un concetto di umanità nuova, di rinnovamento culturale, politico, morale, civile e quindi sociale anche e soprattutto di una Italia avvinta dalla spirale dell’odio e di crudeltà alimentata dalle insensate reprimende di uomini di potere, che rivestono importanti ruoli di governo e che non si fanno scrupolo alcuno di oltrepassare la compassatezza cui dovrebbe essere tenuto chi riveste una carica che, in certo qual modo, gli consente sia di essere “di parte” ma di affiancare a ciò anche una equidistanza tale in determinate situazioni tale da evitare scontri con gli altri poteri dello Stato.
Carola Rackete è libera. I 42 migranti su cui, ancora una volta, si è volutamente creato un casus belli con le organizzazioni non governative che soccorrono i disperati che fuggono da zone del mondo dove evidentemente non è possibile usare la parola “vivere” per descrivere la propria condizione quotidiana, sono sbarcati tutti. La Magistratura ha applicato la Legge, così tanto cara ai sovranisti, così tanto vilipesa e vituperata quando non dà ragione alle loro tesi balzane di “pirateria”, “criminalità” e voglia di sequestri o affondamento delle navi.
Eppure ieri sera il ministro dell’Interno ha rincarato la dose e contro questa donna giovane, coraggiosa e umana, ha detto ben poco: ha preferito cambiare obiettivo e ha pensato bene di rivolgersi al popolo di Facebook annunciando che quanto mai urgente è la riforma della giustizia, perché, come un tempo diceva il cavaliere nero di Arcore, esistono dei giudici che fanno politica e che, quindi, se la vogliono fare “si tolgano la toga e si candidino con la sinistra”.
Non avendo più il nemico Rackete da attaccare con accuse di pirateria e di criminalità, il nuovo nemico diventa una giudice per le indagini preliminari (un’altra donna, sì!) che non convalida l’arresto della comandante della Sea Watch 3 perché non sussiste il fatto ipotizzato dalla procura: ossia che abbia agito non in stato di necessità e urgenza, ma che abbia voluto in qualche modo attaccare una “nave da guerra” (una motovedetta della Guardia di Finanza priva di qualunque cannoncino o arma…) e quindi violare le leggi italiane (il Decreto sicurezza numero 2, tanto per precisare) e favorire l’immigrazione clandestina.
Il castello di accuse è caduto, Carola è libera, i migranti sono sbarcati e Salvini sembra aver perso su tutta la linea visto che anche il suo decreto governativo di espulsione, comunque firmato dal prefetto di Agrigento, non potrà trovare esecuzione prima del 9 luglio (data in cui la comandante della Sea Watch 3 sarà ascoltata dalla magistratura, non più come arrestata e indagata) e, del resto, per trovare applicazione dovrà essere controfirmato da un giudice.
Carola Rackete sarebbe un “pericolo per la sicurezza nazionale”. Ecco perché andrebbe espulsa. Ma chi salva delle vite umane e viene riconosciuto come tale dai giudici, quindi non avendo commesso alcun reato, che pericolo mai potrebbe rappresentare per la Repubblica Italiana?
Proprio in questi momenti le agenzie battono la notizia che Carola è due volte libera: libera dalle accuse mossele e libera dall’anatema salviniano espressosi nel decreto di espulsione. Il Pubblico ministero di Agrigento ha affermato che “una nave che soccorre migranti non può essere giudicata offensiva per la sicurezza nazionale e il comandante di quella nave ha l’obbligo di portare in salvo le persone soccorse“.
Il decreto sicurezza bis è praticamente smontato nella sua efficacia e toccherà alla Corte Costituzionale deciderne la liceità all’interno del perimetro consentito dalla Carta fondamentale del nostro Stato, visto che alla sua prima vera applicazione è stato praticamente considerato inadeguato per l’applicazione.
Moralmente e legalmente il governo perde: elettoralmente è possibile che guadagni dei consensi una Lega che farà fuoco e fiamme agitando lo spettro dell’”anti-italianità” di questi provvedimenti espressi esclusivamente ex lege.
Intanto a Bruxelles si voteranno le sostituzioni degli attuali assetti dirigenziali dell’Unione e due donne prenderanno il posto di due uomini: Christine Lagarde ha fama di essere intransigente, una “lady di ferro” dell’economia, capace di scontrarsi persino con il presidente americano Trump su dazi doganali e moderno autarchismo per l’”American first”.
Più “mansueta” è ritenuta invece Ursula von der Leyen: aggettivi giornalistici che non possono mitigare la fama di liberista di questa signora che potrebbe essere un ulteriore salto di qualità (in negativo) per una nuova Commissione europea ancora più spinta sul rigore dei conti nel nome della stabilità economica di chi oggi predomina in Europa in tal senso. E magari nemmeno soltanto su questo fronte: il voto favorevole dei cosiddetti “Paesi di Visegrad” sul suo nome è un chiaro segnale di un tentativo di saldatura tra fronte liberista e fronte sovranista, quanto meno sul terreno economico. Forse un compromesso, forse uno scambio tra interessi differenti: politiche sociali e politiche civili dei singoli Stati e politiche del debito, strettamente legate ed al contempo contrarie l’una verso l’altra. La ricerca di un equilibrio, dunque.
Sia quel che sia, l’Italia dei borghesi e degli imprenditori perde un italiano alla guida della BCE: il governo giura di aver concorso al balletto delle nomine e di non aver trovato granché da ridire e, del resto, avendo certamente un rappresentante, quindi un commissario, nel nuovo esecutivo europeo, si apriranno delle contraddizioni tra le contestazioni sovraniste e il dialogo con il resto dei paesi membri della UE: principalmente con Germania e Francia.
Dunque, il mondo dell’economia continuerà a girare attorno a Francoforte e Bruxelles, mentre il mondo dell’umanità e del cambiamento, della rivolta delle coscienze, della riappropriazione debita della critica e della coscienza di classe potrà forse trovare nuovo vento grazie anche al sacrificio dei tanti che non si rassegnano a fare rotta verso l’Africa, a muovere la prua avanti e indietro per cercare di evitare che affoghino donne incinta, bambini, torturati di ogni tipo fuggiti dai luoghi in cui sono nati e in cui sicuramente avrebbero preferito vivere.
A noi che rimaniamo a terra toccano due compiti: continuare a batterci contro l’Europa economica, dell’imperialismo franco-tedesco di stampo liberaleggiante (e liberista); contro l’Europa dei sovranisti che a tutto questo vorrebbero aggiungere disprezzo, discrimine, pregiudizi e odio, liquidando quei diritti civili che almeno il liberalismo garantisce (non senza il ricatto del mantenimento della democrazia di lor signori…).
E poi, secondo compito, da svolgere insieme al primo, dobbiamo continuare ad essere l’opposto delle destre, a pensare e ad agire in assoluta controtendenza, perché la vera garanzia per l’avanzamento dei diritti dei lavoratori e degli sfruttati tutti non sta nella protezione degli interessi dei banchieri e degli uomini di potere che siedono nei vari governi europei, ma sta nel mantenere vivo un punto di vista alternativo, dimostrando che ciò che essi esprimono è frutto di un sistema economico che non può accampare nessuna pretesa di eternità e, quindi, soprattutto nessuna pretesa di “naturalità” in questo mondo.
Stare dalla parte dell’umanità significa stare dalla parte dei più deboli, così come ha fatto Carola Rackete, svelando al mondo la disumanità di tante persone pronte a rimangiarsi gli insulti una volta sotto i riflettori delle telecamere “ufficiali”.
Quella disumanità è sempre dietro l’angolo e, se unita agli interessi del capitale, se diventa utile ai padroni, agli “imprenditori”, allora sarà sempre più difficile frenare l’impeto barbarico e violento della gente, strumentalizzata e adoperata così come la si adoperava nelle guerre mondiali come “carne da macello”.
Deve esistere, dunque, un movimento comunista, anticapitalista, di sinistra di alternativa nuovo che si frapponga tra sovranismo e liberismo e che ne impedisca la saldatura. Solo così potremo sperare di arginare prima un pericolo e poi fronteggiare l’altro.