È bastato un solo mandato presidenziale all’iperliberista filostatunitense Mauricio Macri per riportare l’economia argentina in piena crisi. Sotto la presidenza del leader di Propuesta Republicana (PRO), il Paese sudamericano è tornato ad applicare quelle stesse politiche economiche che ne avevano causato il collasso economico tra il 1999 ed il 2002, mettendo l’intera economia argentina al servizio delle multinazionali statunitensi e dei mercati.
In seguito alle elezioni dello scorso ottobre, Macri ha ceduto il passo ad Alberto Fernández, la cui vittoria ha riportato al potere i peronisti di sinistra del Partido Justicialista (PJ), a capo della coalizione del Frente de Todos. Sin dal suo insediamento, il 10 dicembre, Fernández ha dovuto fare i conti con la disastrosa situazione economica ereditata dal suo predecessore.
Il governo di Buenos Aires si sta impegnando verso la rinegoziazione del debito estero, prospettandosi all’orizzonte il rischio di un nuovo default per il Paese sudamericano. Il ministro dell’economia, Martín Guzmán (in foto), sta cercando di trovare un accordo con i creditori, al fine di ristrutturare gli obblighi di pagamento del Paese: in caso contrario, l’Argentina potrebbe essere costretta a dichiarare il default già questo venerdì. “Risolvere la crisi del debito è anche una condizione necessaria per costruire un futuro migliore per gli argentini e gli argentini”, ha dichiarato il titolare dell’economia.
Attualmente, il debito pubblico argentino ammonta a circa 300 miliardi di dollari, e la rinegoziazione prevista dal governo coprirebbe circa 66 miliardi, poco più di un quinto del totale. Al contrario di quanto accaduto in passato, persino il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha appoggiato la proposta di Buenos Aires, ma per ora i creditori non hanno accettato i piani proposti dal governo.
Le obbligazioni oggetto della controversia, va sottolineato, sono state tutte emesse nel corso della presidenza Macri. Queste coprono un arco di tempo che arriva addirittura al 2046, con un tasso di interesse del 7.5%, decisamente più alto rispetto a quelli pagati da tutto il resto del mondo, come sottolineato dal ministro Guzmán. Insomma, come nel 2003, quando salì per la prima volta al potere Néstor Kirchner, la sinistra argentina si trova costretta a dover risolvere i problemi causati dalle folli politiche liberiste dei propri predecessori.
Naturalmente, le problematiche relative al debito vanno a sommarsi alla particolare situazione causata dalla pandemia da nuovo coronavirus. Al momento, il Paese è riuscito a contenere l’epidemia in maniera abbastanza efficace, registrando 9.200 casi positivi e 400 morti su una popolazione di 45 milioni di persone, numeri molto inferiori rispetto a Paesi decisamente meno popolati come il Cile (53.000 casi) e l’Ecuador (34.000).
Il 13 maggio, il Senato argentino ha approvato le nuove misure decise dal presidente Fernández per affrontare l’emergenza, che vanno ad aggiungersi a quelle promulgate in precedenza, a partire da 20 marzo. Tali misure prevedono una quarantena sociale obbligatoria e misure di assistenza per sostenere l’economia, colpita, oltre che dal debito, anche dall’alto tasso di disoccupazione, che ha subito un forte incremento sotto il mandato presidenziale di Mauricio Macri.
L’opposizione ha tentato di contrastare le misure prese dal governo per far fronte alla pandemia, affermando che la quarantena sociale obbligatoria rischierebbe di peggiorare la situazione economica del Paese. “I paesi più flessibili con la quarantena hanno gli stessi risultati economici di quelli messi in quarantena, perché il problema non è nostro, il problema è del mondo, è globale“, ha risposto il presidente Fernández. Il capo di stato ha anche ricordato che, per quanto importante, lo sviluppo economico non può essere posto al di sopra della salute delle persone.
L’attuale piano di quarantena sociale obbligatoria dovrebbe terminare il 24 maggio, ma è probabile che il governo decida per una estensione delle misure restrittive. Per la capitale Buenos Aires, che conta oltre tre milioni di persone, sono previste misure più dure rispetto al resto del Paese.
L’Argentina ha ottenuto anche importanti risultati dal punto di vista scientifico. Il 15 maggio, il ministro della sanità Ginés González García ed il ministro della scienza Roberto Salvarezza hanno annunciato la realizzazione di un test rapido per il coronavirus di produzione argentina. Questo consente di ottenere risultati in due ore e si basa sulla rilevazione molecolare mediante amplificazione dell’acido nucleico del virus, utilizzando la piattaforma isotermica di amplificazione molecolare. Al momento, la produzione locale è di 500 kit al giorno.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog