Una coda d’estate al cardiopalma per Luigi Di Maio. Il referendum del 20 settembre, con cui i 5 Stelle vorrebbero tagliare 345 “poltrone” (come le chiama il ministro degli Esteri), ossia 345 rappresentanti del popolo (come invece li chiama la Costituzione), è alle porte. E dopo l’iniziale euforia, dovuta anche ai sondaggi che, appena un mese fa, davano il Sì ad oltre il 90%, adesso che la battaglia referendaria è entrata nel vivo, molte certezze sembrano vacillare. Di certo non sarà un plebiscito per la riforma Di Maio votata in parlamento dal 97& delle forze politiche. E la paura (fondata) che possano riprodursi le dinamiche (e, chissà, pure gli esiti) del referendum renziano del 2016, complice anche l’ultimo sondaggio realizzato in esclusiva per Affaritaliani.it da Roberto Baldassari, direttore generale di Lab21, che vede il fronte del No balzare a quasi al 30% nel giro di poche settimane, comincia a serpeggiare tra gli stati maggiori del Movimento. Una paura che si materializza nei post dedicati al referendum che, solitariamente (e compulsivamente), Luigi Di Maio continua a pubblicare sulla sua pagina Facebook, tre negli ultimi tre giorni. Post che tradiscono il nervosismo dell’esponente 5 Stelle di fronte al crescente “rumore di fondo” dei sostenitori del No, al dilagare, sui social, di post e prese di posizione contro il taglio del parlamento: “Il taglio dei parlamentari è alle porte – scrive Di Maio – ed è già iniziata la corsa per denigrare questa riforma. Vi stanno dicendo che è una cosa sbagliata e che stiamo tagliando la democrazia. Del resto dicevano lo stesso quando abbiamo tagliato i vitalizi. E ancora oggi qualcuno li considera un diritto dei parlamentari. Vi diranno il peggio del peggio su questa riforma e sapete perché? Perché porta il nome del M5S”. E che il “clima” per Di Maio non sia dei migliori lo dimostrano le migliaia di commenti critici al suo post: “Ci avevano promesso il taglio dei privilegi – è il ragionamento più comune – e ci hanno dato il taglio della democrazia”. Qui alcuni commenti dalla pagina di Di Maio.
Toni analoghi si ritrovano anche nei commenti ai post di altri tre big del Movimento, tra i pochi ad essersi esposti negli ultimi giorni sul Sì al referendum, Laura Castelli, Vito Crimi e Danilo Toninelli, di cui in questi giorni gira un video del 2016, diventato virale, in cui l’esponente 5 Stelle sosteneva l’esatto opposto di ciò che va dicendo oggi e cioè che la democrazia non si baratta per una tazzina di caffè e che gli italiani, che non sono caproni, voteranno in massa No contro il taglio dei parlamentari (voluto allora da Renzi). Qui il video.
Nel frattempo, anche grazie all’adesione delle Sardine (che al post di Di Maio hanno dedicato stamane un fact checking), alle prese di posizione di testate come Repubblica, Il Manifesto, Il Riformista, di gruppi come i giovani democratici e di personaggi politici come Federico Pizzarotti, Gregorio De Falco e persino di diversi parlamentari 5 Stelle (tra cui Elisa Siragusa e Laura Sapia), oltre che, naturalmente allo sforzo messo in campo dal comitato del No, dall’Anpi e dall’Arci, sui social sembra tutto un coro di No. Proprio l’altro ieri, il gruppo dei sostenitori del No ha superato gli iscritti al gruppo dei sostenitori del Sì.
E a nulla sembra peraltro servire l’attivismo militante del Fatto Quotidiano, con il testa il direttore Marco Travaglio a favore del Sì. Gli endorsement pro-Sì pubblicati sulla pagina Facebook del quotidiano, compreso l’editoriale in cui Travaglio elenca le ragioni per cui sarebbe giusto tagliare il Parlamento, non sembrano far presa sui lettori e anzi molto spesso si rivelano dei veri e propri flop. Più defilato sembra Andrea Scanzi che non si è ancora espresso sul voto referendario. A ciò si aggiunga la tiepidezza degli altri partiti, primo tra tutti il Pd, attraversato da un importante dibattito interno che vede esponenti come Gianni Cuperlo prendere nettamente posizione a favore del No. Tiepidezza che ha suscitato l’irritazione di Di Maio: “Mi sorprende il silenzio di alcune forze politiche, ma non voglio alzare polemiche”, ha scritto su Facebook.
Insomma, la partita sembra più che aperta. E il rischio (o la speranza) che il 20 settembre possa essere un nuovo 4 dicembre si fa sempre più concreto.
Fortebraccio News