Una rappresentazione da operetta di Rifondazione Comunista che, nel corso della sua lunga storia, ha attraversato periodi non facili nel provare a conciliare ruolo di rappresentanza del disagio sociale del mondo del lavoro in chiave politica, parlamentare e ruolo di governo in alcune situazioni differenti tra loro: in maggioranza con la formula della desistenza prima e al governo direttamente poi dal 2006 al 2008 con il grande calderone rappresentato dalla formula prodiana de “L’Unione”.
Così, Renzi cita Rifondazione Comunista e bolla MDP: “Sono come Rifondazione”, titola il grande quotidiano torinese riprendendo le parole dell’ex presidente del consiglio. Sarebbe uno stigma, dunque, questa etichetta, un’onta di più ancora.
Essere come Rifondazione Comunista vorrebbe dire essere come coloro che hanno aperto la strada alle destre più volte, facendo non gli interessi dei lavoratori ma… di chi? Eh già, di chi avremmo fatto gli interessi noi di Rifondazione Comunista quando abbiamo provato a contrastare proprio degli spostamenti a destra dei programmi di forze di sinistra o di centrosinistra?
Secondo la vulgata distorsiva avremmo tirato la volata alle destre: ho ancora nelle orecchie le parole di chi solennemente proclamava, tra il popolo del fu centrosinistra, che “Rifondazione Comunista e Bertinotti vogliono far vincere Berlusconi”.
Alle cretinate non si può rispondere con ragionamenti ponderatamente politici: è difficile far comprendere a chi ha dei pregiudizi quelli che invece erano e sono stati proprio dei giudizi su elementi di allontanamento proprio delle forze della sinistra moderata di allora da tutto un popolo in condizione di disagio in aumento esponenziale che, alla fine della fiera, hanno portato la sinistra a diventare centro e poi a fare politiche economiche prima ed anche sociali poi uguali a quelle che avrebbe fatto un qualunque blocco di forze liberiste.
Nemmeno più il liberalismo era un luogo politico dove poter far rifugiare questa specie di sinistra moderata dedita solo al principio del “governismo”. Per accreditarsi in tal senso, la sinistra, sempre più “ex” ma vista sempre come tale da tanta parte del vecchio popolo delle vecchie “feste de l’Unità” (trasformate oggi nell’ultimo specchietto per le allodole per allontanare l’amaro calice del non appartenere più ad una identità precisa e distinguibile come “sinistra”…), ha dovuto approdare ad un nuovo salto di qualità del trasformismo: apparire popolare ed essere interclassista allo stesso tempo.
Un’operazione che molte forze, che ancora oggi siedono nel gruppo del Parlamento europeo del socialismo democratico, hanno messo in essere per indossare questa maschera: sembrare invece di essere. Il sembrare non ha salvato il Partito Socialista francese dal tracollo pochi mesi fa, con l’ascesa di un vero enfant prodige del liberismo d’Oltralpe. Vince un’altra maschera: quella giovanile di Macron, quella della politica fatta dalla bellezza della gioventù, ben presentabile, ricca di parole che guardano all’innovazione e senza il peso del ricordo di Hollande e del suo Partito Socialista ormai avvertito come il vecchio che non può cambiare più.
Così avverrà in Italia: prima o poi la mascherà cadrà e chi oggi detiene il potere governativo non riuscirà a mostrarsi ancora per molti anni come l’innovazione che vuole salvare padroni e lavoratori al contempo dalla crisi economica o coniugare l’interesse del privato e del pubblico in una impossibile (economicamente impossibile!) collaborazione che soddisfi entrambi e che metta entrambi i ruoli al centro del benessere del Paese.
MDP, dunque, sarebbe quella sinistra che si ripete, che vuole lavorare per il re di Prussia: una Rifondazione Comunista dunque.
Non ci dispiace dare una delusione a Renzi. Del resto, Renzi, se conosce bene – come crediamo – la storia politica di questo Paese, sa che non è stata Rifondazione Comunista a voler far avanzare le destre ma che sono state proprio le forze politiche che il PRC ha osteggiato a creare le condizioni per una rivalutazione di tutto ciò che si è posto in contrasto con gli interessi dei lavoratori e delle classi sociali più deboli di una Italia sempre più privatizzata e ostaggio delle speculazioni finanziarie continentali.
Non ci dispiace dare una delusione a Renzi, dunque, nel dire che MDP non potrà mai essere come Rifondazione Comunista per il semplice, banale, elementare motivo per cui in Parlamento Rifondazione rompeva con i governi che passavano dal difendere i proletari moderni ad esserne ostacolo sulla strada dell’acquisizione di nuovi diritti.
MDP in Parlamento sostiene il governo Gentiloni che è il governo del PD, che è il governo, quindi, per una proprietà transitiva direttissima, anche di Renzi.
MDP non potrà mai essere Rifondazione Comunista che, invece, aveva il coraggio di dire NO ad un governo quando usciva da una maggioranza, nemmeno da un partito! Sono stati altri che sono usciti da Rifondazione Comunista e hanno sostenuto esperienze di governo sempre più allineate con la voglia di privatismo e di tutela del profitto.
Caro Renzi, Rifondazione non è riducibile a stereotipo o ad archetipo della caduta dei governi o di chissà quale maggioranza. Ma se fosse nella sua maggioranza, chissà mai per quale irragionevole ragione, la farebbe cadere subito se ne avesse le forze. Ecco perché nessuno può prendere il nome di Rifondazione Comunista e farne uno spauracchio da agitare per darsi un tono di “sinistra”.
Non funzionò nei bei tempi passati, non funziona nemmeno oggi.
MARCO SFERINI
9 settembre 2018
foto tratta dalla pagina nazionale Facebook del PRC