Mario Lombardo 

Tra i paesi che stanno avendo maggiore successo nella campagna di vaccinazioni anti-Covid a livello mondiale c’è senza alcun dubbio Israele. Lo stato ebraico ha infatti già somministrato la prima dose a circa il 16% dei suoi quasi dieci milioni di abitanti. Il primo ministro Netanyahu ha poi assicurato che entro tre mesi praticamente tutta la popolazione di Israele sarà “immunizzata”, guarda caso in concomitanza con le elezioni anticipate previste per il 23 marzo. Il successo del piano di vaccinazioni di Israele nasconde però un’altra realtà, quella della popolazione palestinese, finora esclusa quasi del tutto e costretta anche in questo caso a pagare le politiche di apartheid del governo di Tel Aviv nonostante gli obblighi che quest’ultimo avrebbe secondo quanto previsto dal diritto internazionale.

Pur non essendo priva di intoppi, la campagna vaccinale in Israele è partita prima e con un migliore livello di efficienza rispetto a molti altri paesi “avanzati”. La percentuale di vaccinati tra i cittadini israeliani palestinesi resta tuttavia inferiore alla media e, soprattutto, i cinque milioni di abitanti di Gaza e Cisgiordania rischiano di non avere nemmeno una dose ancora per molto tempo.

Anche in Israele il Coronavirus sta tornando a far segnare numeri preoccupanti in questa fase. Complessivamente sono poco meno di mezzo milione i casi rilevati e quasi 3.600 i decessi dall’inizio della pandemia. La stessa tendenza al peggioramento si sta osservando anche per i due territori nominalmente sotto il controllo palestinese, con l’aggravante appunto del fatto che qui, per il momento, il vaccino resta poco più di un miraggio.

Tra Gaza e Cisgiordania, al 7 gennaio i casi erano più di 145 mila e oltre 1.500 i morti. Questi dati sono con ogni probabilità sottostimati, anche perché di recente i dispositivi necessari a testare la positività al virus sono andati vicini a esaurirsi. A Gaza, ad esempio, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stimato che in meno di due settimane i tamponi potrebbero non essere più disponibili.

L’enclave, com’è noto, ha enormi problemi logistici a causa del blocco criminale imposto da Israele, così che l’approvvigionamento di materiale medico è cronicamente difficoltoso. La situazione sanitaria è sempre per le stesse ragioni disastrosa, rendendo complicate le cure, mentre la sovrappopolazione e la carenza dei servizi più basilari creano enormi problemi per l’applicazione efficace di misure di isolamento. Se anche i vaccini fossero teoricamente messi a disposizione, l’assenza di energia elettrica per molte ore al giorno non permetterebbe comunque la conservazione necessaria a bassissime temperature.

Le decisioni prese finora dal governo Netanyahu sono dunque improntate alla discriminazione nei confronti dei palestinesi. Le Nazioni Unite avevano richiesto di destinare almeno una piccola quota delle dosi acquistate da Israele agli operatori sanitari palestinesi, ma Tel Aviv ha replicato sostenendo che non ve n’erano a sufficienza nemmeno per i propri cittadini. Stessa risposta è arrivata quando ai primi giorni dell’anno l’Autorità Palestinese, che controlla la Cisgiordania, ha approcciato Israele per ottenere aiuto nel reperire i vaccini. Tutto ciò che è stato offerto sono eventuali dosi che avanzeranno dopo l’immunizzazione di tutti i cittadini dello stato ebraico.

I leader palestinesi avevano cercato di accedere al vaccino sviluppato dalla Russia, “Sputnik V”, ma Mosca ha alla fine deciso di bloccarne le esportazioni perché al momento non sono disponibili dosi sufficienti a coprire tutta la popolazione russa. Altre fonti di approvvigionamento restano allo stesso modo complicate per via della mancanza di fondi che affligge l’Autorità Palestinese. Il progetto dell’OMS per distribuire vaccini ai paesi più poveri (“Covax”) resta l’ipotesi più percorribile per i palestinesi, ma questo vaccino non è stato ancora approvato e i tempi potrebbero perciò allungarsi. Il responsabile dell’OMS per i territori palestinesi occupati, Gerald Rockenschaub, ha avvertito che le prime dosi potrebbero arrivare solo in primavera o, nella peggiore delle ipotesi, addirittura alla metà del 2021.

La discriminazione nei confronti dei palestinesi nella distribuzione dei vaccini anti-Covid è l’inevitabile conseguenza del trattamento a essi normalmente riservato dallo stato ebraico. In quanto paese occupante, Israele sarebbe invece legalmente obbligato a farsi carico della salute dei palestinesi, attraverso l’implementazione di misure che garantiscano anche la lotta alla diffusione di epidemie e malattie contagiose.

Secondo gli accordi di Oslo del 1993, sarebbe in realtà la sola Autorità Palestinese a essere responsabile della salute degli abitanti di Gaza e Cisgiordania, anche se nel primo di questi due territori governa da tempo Hamas. Le condizioni previste rientravano però in un quadro ben più ampio che avrebbe dovuto portare a un accordo di pace tuttora disatteso. Da allora, Israele non ha fatto che inasprire l’occupazione, evadendo tutti gli obblighi imposti dal diritto internazionale.

La mancata assunzione di responsabilità riguardo agli aspetti sanitari è tanto più grave se si considera che i territori palestinesi sono colpiti dal virus in maniera particolarmente dura proprio a causa delle condizioni a cui vengono costretti dalla condotta criminale di Israele. La totale assenza di scrupoli da parte di Tel Aviv per la popolazione palestinese è accentuata infine dal fatto che questo paese, come spiegato all’inizio, non sta incontrando particolari difficoltà nella somministrazione dei vaccini e che il governo Netanyahu ha già negoziato con Pfizer l’acquisto di milioni di altre dosi in tempi rapidi.

Il comportamento di Israele è ad ogni modo tutto fuorché sorprendente. Per decenni ha infatti agito in violazione di ogni norma legale e morale contro i palestinesi, operando un vero e proprio sistema di apartheid al limite del genocidio grazie alla protezione garantita di fronte alla comunità internazionale dall’Occidente e, in particolare, da tutti i governi succedutisi a Washington.

http://www.altrenotizie.org/primo-piano/9139-israele-e-l-apartheid-del-vaccino.html

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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