(Estratto dall’introduzione all’ultimo libro di Sahra Wagenknecht, “Die Selbstgerechten”, di prossima uscita anche in Italia).
Sappiamo che i partiti socialdemocratici e di centrosinistra hanno preparato economicamente l’ascesa delle destre attraverso la distruzione delle tutele sociali e la “liberazione” dei mercati e il conseguente aumento delle disuguaglianze sociali e della precarietà esistenziale. Ma quegli stessi partiti hanno anche favorito politicamente e culturalmente l’ascesa delle destre schierandosi con i vincitori della globalizzazione neoliberale, denunciando i valori e gli stili di vita di quelli che un tempo erano i loro collegi elettorali e minimizzando e/o ridicolizzando i loro problemi, le loro lamentele e la loro rabbia.
Si suole definire il pensiero di questi esponenti di sinistra che sono passati dall’altra parte della barricata “liberalismo di sinistra”. Si tratta di una corrente politico-intellettuale relativamente recente che negli ultimi decenni ha acquisito una crescente influenza. Tuttavia, il termine “liberalismo di sinistra” è fuorviante. A ben vedere, infatti, questa corrente di pensiero non è né liberale, né di sinistra, ma anzi su molte questioni fondamentali risulta agli antipodi di entrambe queste tradizioni politiche.
Uno dei capisaldi del liberalismo, per esempio, è la tolleranza nei confronti delle opinioni altrui. Il tipico liberale di sinistra, invece, si caratterizza per un atteggiamento diametralmente opposto: un’intolleranza estrema verso chiunque non condivida la sua visione delle cose. Il liberalismo, inoltre, si è sempre battuto per l’uguaglianza giuridica, mentre il liberalismo di sinistra si batte per le “quote rose” e la diversità, cioè per la disparità di trattamento dei diversi gruppi.
Per quanto riguarda la sinistra, storicamente essa ha sempre difeso (a parole se non nella pratica) le persone più svantaggiate: coloro che si vedono negati dalla società un’istruzione adeguata, una vita dignitosa e adeguate opportunità di avanzamento. La base sociale del liberalismo di sinistra, invece, è il ceto medio “riflessivo” (accademici ecc.) delle grandi città. Ciò non significa che ogni accademico con un buon reddito che vive in una grande città sia un liberale di sinistra. Ma il liberalismo di sinistra è di casa in questo ambiente e i suoi esponenti provengono tutti da questo strato relativamente privilegiato della società. I partiti liberali di sinistra, d’altra parte, si rivolgono soprattutto ai cittadini più abbienti e istruiti e raccolgono i propri voti quasi esclusivamente in questa fascia della società.
I liberali di sinistra sono dunque due cose che non sono: non sono liberali di sinistra, cioè liberali interessati non solo alla libertà ma anche alla responsabilità sociale. Liberali di questi questo tipo sono sempre esistiti ed esistono ancora oggi, e non hanno nulla che vedere con il moderno liberalismo di sinistra. Ma i liberali di sinistra non sono neanche socialdemocratici o socialisti liberali, cioè persone di sinistra che però ci tengono a prendere le distanze dalle tradizioni totalitarie e illiberali di una certa sinistra. Al contrario, la sedicente sinistra contemporanea è, come detto, profondamente illiberale. Quando parlo di liberalismo di sinistra, dunque, non mi riferisco a ciò che potrebbe essere correttamente definito tale ma a ciò che oggi viene inteso come tale.
Il liberalismo di sinistra ha svolto un ruolo importante nel declino del nostro dibattito culturale. L’intolleranza dei liberali di sinistra e l’incitamento all’odio delle destre sono vasi comunicanti che hanno bisogno l’uno dell’altro, che si rafforzano a vicenda e che si alimentano l’uno l’altro. Che si tratti di immigrazione, di cambiamento climatico o della pandemia da coronavirus, lo schema è sempre lo stesso: l’arroganza dei liberali di sinistra alimenta l’avanzata delle destre. E più la destra si rafforza, più i liberali di sinistra si sentono giustificati nelle loro posizioni. I nazisti sono contro l’immigrazione? Allora ogni critico dell’immigrazione deve essere un nazista travestito! I negazionisti del cambiamento climatico si oppongono alle tasse sulle emissioni di CO2? Allora chiunque critichi l’aumento dei prezzi del carburante e del gas metano è probabilmente in combutta con loro! I cospirazionisti diffondono informazioni false sul coronavirus? Allora chiunque pensi che i lockdown permanenti siano la risposta sbagliata deve essere un sostenitore delle suddette teorie della cospirazione! In breve: chiunque non sia con noi è di destra, un negazionista del cambiamento climatico, uno col cappellino di stagnola in testa. È questa la logica binaria e semplicistica dei liberali di sinistra.
È anche per questo modo di approcciare il dibattito pubblico che agli occhi di molti la sinistra non viene più associata da tempo alla giustizia sociale ma ad un moralismo ipocrita offensivo, respingente e degradante. Nell’estate del 2020, 153 intellettuali di vari paesi, tra cui Noam Chomsky, Mark Lilla, Joanne K. Rowling e Salman Rushdie, si sono rivoltati contro l’intolleranza e l’illiberalità della sinistra liberale in una lettera aperta. Essa recitava: «Il libero scambio di informazioni e idee […] sta diventando sempre più limitato. Mentre ci aspettiamo questo dalla destra radicale, la censura si sta diffondendo ampiamente anche nella nostra cultura». I firmatari osservavano con preoccupazione la crescente «intolleranza verso visioni opposte, la moda dello svergognamento pubblico e l’ostracismo e la tendenza a dissolvere questioni politiche complesse in una accecante certezza morale». E ne sottolineavano le conseguenze: «Stiamo pagando un caro prezzo per tutto ciò, nella misura in cui scrittori, artisti e giornalisti non rischiano più nulla perché sono terrorizzati di quello che potrebbe succedergli non appena si discostano dal consenso e non si uniscono al coro».
Tuttavia, i liberali di destra e di sinistra non sono simili solo nella loro intolleranza. La destra e la sinistra liberale si assomigliano anche dal punto dei vista dei contenuti. La destra storicamente si è caratterizzata per la difesa della guerra, dei tagli alla spesa sociale e di una maggiore diseguaglianza. Ma oggi queste sono posizioni condivise da molti verdi e liberali di sinistra. Allo stesso tempo, non è di destra affermare che gli immigrati vengono sfruttati per praticare dumping salariale, che è praticamente impossibile insegnare in una classe scolastica in cui più della metà dei bambini non parla tedesco o che abbiamo anche un problema con l’islamismo radicale in Germania. Che lo faccia consapevolmente o meno, è evidente che una sinistra che demonizza qualunque approccio realistico a questi problemi come “di destra” non fa che fare il gioco della destra stessa.
Con questo libro, ho anche tracciato le linee di conflitto che hanno contribuito alle mie dimissioni da leader della Linke nel 2019. Tuttavia, non avrei scritto un libro su questo argomento se questa discussione non si estendesse ben al di là del mio partito. Penso che sia una tragedia che la maggioranza dei partiti socialdemocratici e di sinistra si siano imbarcati nell’aberrazione del liberalismo di sinistra, che non fa che alienare vasti segmenti dell’elettorato da tutto ciò che viene associato alla “sinistra”. Si tratta di un’aberrazione che rafforza le politiche neoliberali nonostante esistano da tempo nella popolazione maggioranze a favore di una politica diversa: per un maggiore equilibrio sociale, per una regolamentazione sensata dei mercati finanziari e dell’economia digitale, per il rafforzamento dei diritti dei lavoratori e per una politica industriale intelligente orientata al mantenimento e alla promozione di una classe media forte.
Invece di appellarsi a queste maggioranze con un programma attraente per esse, [i partiti della sinistra] continuano a portare acqua al mulino di partiti di destra come l’AfD in Germania, facendone i principali “partiti dei lavoratori”, e continuano a considerare il liberalismo di sinistra in salsa verde, rappresentato in Germania dai Verdi, come il massimo dell’avanguardia intellettuale e politica possibile. Hanno così scavato un solco tra sé e quelle fasce sociali che un tempo rappresentavano.
Questo libro parla anche di cosa significa essere di sinistra nel 21esimo secolo. Una sinistra che vada oltre i cliché e le frasi alla moda. Per me, questo vuol dire anche chiedersi cosa può imparare la sinistra da un conservatorismo illuminato, che non contribuisca all’ulteriore polarizzazione della società, ma al rilancio dei valori comuni. Con questo libro, so bene di collocarmi in una clima politico in cui la cancel culture ha preso il posto di un dibattito ragionato. Lo faccio nella consapevolezza che anche io potrei essere “cancellata”, ma anche che Dante nella Divina Commedia riserva un giudizio particolarmente impietoso proprio agli ignavi: coloro che nei momenti di grande sommovimento sociale non prendono posizione, non esprimono idee proprie ma si adeguano alla massa, all’idea del più forte…