Da un certo punto di vista quella che è riuscita a Macron è una operazione eccezionale: ha demolito il panorama politico dell’ultimo mezzo secolo, venendo incontro all’ondata populista che ha pervaso anche la Francia, ma poi al posto dei partiti storici e dei loro leader è riuscito a porre se stesso come un potere quasi […]
Fin dalla prima mezz’ora dopo essere stato eletto, Macron ha prediletto le immagini di se stesso in maestà, e parlando non è certo agli “io” che ha rinunciato. Da un certo punto di vista gli è riuscita una operazione eccezionale: ha demolito il panorama politico dell’ultimo mezzo secolo, venendo incontro all’ondata populista che ha pervaso anche la Francia, ma poi al posto dei partiti storici e dei loro leader ha posto se stesso come un potere quasi incondizionale. Una manovra populista di prima grandezza.
Macron si è affermato prima di tutto come qualcuno che ha liquidato inesorabilmente la sinistra, dichiarando di voler modificare il secolare codice del lavoro, e non attraverso una riforma, se non costituzionale regolarmente parlamentare, ma bensì per decreto. Flebili sono state le obiezioni dei sindacati.
Per “concertazione” Macron intende comunicazione delle sue volontà ai deputati o senatori che lo ascoltano riverenti; ma forse è stata la seconda volta che il Presidente ha incontrato qualche obiezione, avanzata in particolare dalla destra dei Repubblicani. Non è detto che gli dispiaccia, perchè così si può dimostrare che malgrado l’opera di rottamazione del sistema politico che l’ha preceduto la Francia resta una repubblica parlamentare, nonostante il partito del presidente, la Republique en Marche, abbia la maggioranza assoluta alla Camera: questo spiega i toni più affettuosi con i quali si è rivolto al senato.
Resta da vedere se una critica simile verrà applicata anche alla politica migratoria, finora assolutamente chiusa.
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