riceviamo e pubblichiamo
In Libano, dopo l’esplosione al porto di Beirut, il primo ministro Hassan Diab si è dimesso, da un anno i tentativi di formare il nuovo governo vanno a vuoto. In Tunisia lo scorso 25 luglio il presidente Kais Saied ha chiuso il Parlamento “per 30 giorni” e licenziato il capo del governo assumendo personalmente i poteri.
– TUNISIA: Saied non è De Gaulle
‘Perché pensa che, a 67 anni, inizierei una carriera come dittatore?‘ così, citando Charles de Gaulle, il Presidente si è rivolto alla giornalista Vivian Yee del NYT: “All’improvviso, ricevo la chiamata e con altri due colleghi vado a incontrare il presidente. Ho pensato fosse l’occasione di un’intervista, ma ho scoperto che eravamo stati invitati per una conferenza. A un certo punto, lui ha preso un fascio di carte da un tavolino di marmo e oro: era una stampa della Costituzione degli Stati Uniti, la cui dignità era in qualche modo sminuita dal fatto che i fogli erano tenuti insieme da una graffetta. Ha detto di averla studiata per 30 anni e mi ha fatto una lezione. ‘Questa non è un’intervista per la stampa’, ha detto quando abbiamo iniziato a fare domande. Ha promesso di non privare la Tunisia delle libertà conquistate a fatica. ‘Quindi non c’è paura di perdere la libertà di parola’, tranne l’aver vietato le riunioni pubbliche di più di 3 persone e chiuso l’ufficio locale del canale panarabo Al Jazeera.”
Una gaffe parlare di libertà proprio a Vivian Yee che l’indomani dello stravolgimento istituzionale era stata fermata e trattenuta per qualche ora dalla polizia.
E’ trascorsa una settimana dallo schiaffo alla democrazia, la promessa di incaricare un Primo Ministro è disattesa, destituiti e sostituiti alcuni ministri, parlamento chiuso e parlamentari senza immunità.
Fra questi, Yassine Ayari, un indipendente già condannato per critiche all’esercito, che nei giorni scorsi ha scritto sul suo account Facebook ‘Saied si è fatto una costituzione da solo e la sta facendo rispettare con le pistole’. Il giorno seguente la polizia in forze irrompe nella sua casa, lo preleva, da quel momento è detenuto senza contatti esterni e le decisioni a seguire saranno emesse dal tribunale militare. Ayari è un personaggio attivo nei media, ma non ha certamente un seguito politico da impensierire, dunque perchè proprio lui? Colpire un piccolo per ammonire i grandi?
O per fare un favore alla Francia? Questa la genesi della storia da Le Monde: dicembre 2018 Ayari interroga il ministero tunisino competente circa l’imminente ingresso di un nuovo azionista nel capitale di Thyna Petroleum Service. Riceve in risposta tre documenti ufficiali, li pubblica sul suo profilo Facebook, ma l’azionista è Panoro Energy del clan Balkany, famiglia nota in ambito di corruzione internazionale, che denuncia Ayari “per diffamazione”. Lo fa presso un tribunale francese, il che avrebbe dovuto provocare proteste trattandosi di un parlamentare tunisino. Al tempo Ayari si rivolse direttamente a Saied che rimase silenzioso: l’arresto è la risposta. Varie ONG internazionali e HWR sono in allarme: si teme che Saied possa usare i suoi poteri straordinari contro gli avversari, sia considerando il caso di Ayari che altri. (vedere Nota 1*)
I media internazionali narrano di una Tunisia tranquilla, senza citare la norma introdotta che vieta gli assembramenti superiori a 3 persone – oltre il coprifuoco dalle 19 alle 6 – che viene, però, disattesa quando il presidente decide di sfilare in Avenue Bourguiba. Le diplomazie agiscono come se fosse business as usual, e da Saied arrivano in visita un ministro dall’Algeria e una pattuglia di sceicchi sauditi; Usa e Ue raccomandano, ma non proferiscono parole come sanzioni o ultimatum: la vicenda tunisina serve ad allarmare i libici che dovrebbero fra cinque mesi andare alle urne, e a disturbare il governo di Tripoli, amico della Turchia, mentre un grande plauso arriva dalla Cirenaica per bocca di Haftar. L’Italia si preoccupa solamente del possibile afflusso di migranti.
– LIBANO: l’ossessione di Aoun per la distribuzione confessionale delle poltrone
Il modello di Stato confessionale libanese è una sorta di terza via tra il modello laico occidentale e quello teocratico islamico e ha nel confessionalismo il punto di forza, ma contemporaneamente la sua debolezza. Le cariche istituzionali prevedono il presidente cristiano maronita, il primo ministro sunnita e il presidente del parlamento sciita, secondo gli equilibri demografici all’origine del patto negli anni 90.
Fu difficile arrivare all’elezione di Michel Aoun alla presidenza e il suo mandato scadrà a ottobre del prossimo anno. L’uomo non è un personaggio facile: “Nel mirino di Michel Aoun, tutti i suoi avversari politici, tutti quelli che accusa di avergli impedito di realizzare i suoi grandi progetti per il Paese, da Saad Hariri a Nabih Berry, passando per Walid Joumblatt e Riad Salamé. Come Don Chisciotte contro i mulini, Michel Aoun è convinto, o comunque cerca di convincere tutti quelli che lo circondano, di combattere da solo e senza sosta contro il resto del mondo.”
Dopo i falliti tentativi di Mustafa Adib e Sa’d Hariri, Najib Mikati, miliardario chiacchierato, sta provando a formare il governo, ma Aoun boccia la distribuzione delle poltrone ‘Il presidente ha ritenuto che vi sia un difetto nell’equilibrio settario della formazione di governo in termini di distribuzione dei portafogli per tipologia e importanza’, a chiare lettere: non vuole assegnare i portafogli Interni e Giustizia ai sunniti.
Secondo l’Orientlejour Aoun vorrebbe che i cristiani, gruppo parlamentare più numeroso, avessero gli Interni, il non voler sottostare a questa richiesta si suppone sia il motivo della rinuncia di Hariri. La lentezza che da un anno inchioda il Libano alla paralisi di un governo dimissionario non è nella sua gravità il pericolo maggiore: lo è l’accettazione fatalista di tale lentezza. Il vicepresidente del partito di Hariri, Movimento Futuro, ritiene che anche Miqati non si piegherà ai desiderata di Aoun, dopodiché conclude seraficamente che “il governo non sarà formato a breve, probabilmente non prima della fine del mandato di Aoun” ovvero, preconizza, il 2022.
Oggi, 2 agosto, nel pomeriggio Mikati si è recato da Aoun con una nuova lista o con intento di dialogo. Al termine dell’incontro ha dichiarato ai giornalisti : “Avevo sperato in un ritmo più veloce per formare questo governo. È un po’ lento“. Si rivedranno giovedì, dopo le cerimonie per il tragico anniversario del giorno 4 agosto.
Nota1* Aver tolto l’immunità ai parlamentari ha reso possibile l’apertura di inchieste per “finanziamento illecito dall’estero” dei partiti Ennahda e Qalb Tounes, l’arresto di alcuni parlamentari, in particolare quattro di Ennahda,. Sono state aperte inchieste sul presidente dell’Autorità nazionale anti corruzione, e membro della lega tunisina per i diritti dell’uomo, Chawki Tabib, sul parlamentare Seifeddine Makhlouf, portavoce di Al Karama partito islamista, su Elyes Fakhfakh, partito Democratic Forum for Labour and Liberties ( link ), sembra, quindi, che siano presi di mira non solo gli islamisti, maggioritari in parlamento, ma anche la sinistra.
Maria Carla Canta