Roberto Buizza

I cinque scenari futuri ipotizzati dall’Ipcc e il contributo dell’Europa e dell’Italia al riscaldamento globale. Dobbiamo ridurre le emissioni di gas serra del 3,2% l’anno da qui al 2030. Addirittura del 7% fino al 2050 per raggiungere l’obiettivo zero emissioni. E il metano non dà una mano.

L’ultimo rapporto IPCC (nota 1) pubblicato in 9 agosto (2021), il “Summary for Policy Makers” (SPM) (nota 2) del Io Gruppo di Lavoro, conferma che molti dei cambiamenti indotti dall’aumento della concentrazione di gas serra in atmosfera in atto non sono mai stati osservati nelle ultime centinaia di migliaia di anni, e che alcuni di questi cambiamenti continueranno ad influenzare il clima per i prossimi centinaia e migliaia di anni. Il rapporto inoltre riporta un metodo per stimare di quanto dobbiamo limitare le emissioni di gas serra dei prossimi anni per limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C, come deciso a Parigi nel 2015. Se applichiamo il metodo all’Italia, troviamo che il paese deve ambire a ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 3.2% in media tra il 2021 ed il 2030, e di almeno il 9% in media tra il 2030 ed il 2050. In altre parole, è necessaria una riduzione media del 7% l’anno dal 2021 al 2050 per arrivare molto vicini all’obiettivo di zero-emissioni nette nel 2050.

Riscaldamento medio globale e in Europa

La temperatura media continua a crescere, globalmente di circa 0.2°C ogni 10 anni, i ghiacci continuano a sciogliersi, ed il livello del mare continua a salire. Le osservazioni indicano anche che l’impatto del continuo accumulo di gas serra in atmosfera sta accelerando, perché con temperature sempre più alte gli oceani e la vegetazione diminuiscono le loro capacità di assorbire parte dei gas serra emessi in atmosfera. Un minore assorbimento favorisce un maggiore accumulo di gas serra in atmosfera, che causa un’accelerazione del riscaldamento, e quindi un aumento della frequenza e dell’intensità dei fenomeni estremi che causano impatti negativi, a volte distruttivi, sulle comunità.

La figura 1 mostra che tra il 1979 ed oggi, la temperatura media globale è salita di circa 0.8°C. Oggi, la temperatura media globale è circa 0.57°C più calda che la media tra il 1981 ed il 2010, come indicato dal punto più a destra della linea blue in Fig. 1. Per calcolare il riscaldamento rispetto al periodo pre-industriale (media tra 1850-1900), dobbiamo aggiungere 0.63°C a questo valore (0.63°C è quanto più caldo è stato il periodo 1981-2010 rispetto al periodo 1850-1900): troviamo quindi che, rispetto al periodo pre-industriale, la temperatura media globale è circa 1.2°C più calda. E’ utile ricordare il fatto che, in generale, la terra ferma si scalda di più che gli oceani, e che ci sono regioni della Terra che si scaldano più di altre. L’Europa, ed in particolare l’area Mediterranea, è una di queste regioni: la figura 1 ci mostra che tra il 1979 ed oggi, mentre la temperatura media globale è salita di circa 0.8°C, la temperatura media in Europa è salita di circa 2.0°C, ed ha quindi subito un riscaldamento di 2.5 volte più intenso. 

Il rapporto SPM conferma che le emissioni di gas serra legate alle attività umane sono la causa principale del riscaldamento, e conferma che l’unico modo per limitare il riscaldamento futuro, ed i suoi impatti devastanti (vedi ad esempio gli incendi diffusi di quest’anno), sia di ridurre le emissioni di CO2 e degli altri gas serra, tra cui il principale è il metano (CH4). Nel resto di questa analisi parleremo in generale di emissioni di gas serra espresse in termini di tonnellate equivalenti di CO2 , ‘traducendo’ l’impatto degli altri gas serra in termini dell’impatto di quantità ‘equivalenti’ di CO2: ad esempio, dato che il metano causa un effetto serra maggiore che la CO2, 1 kg di CH4 viene tradotto in 28 kg di CO2. Misureremo le emissioni dei gas serra in termini di tonnellate, o giga-tonnellate (109 tonnellate) di CO2-eq.

Quanti gas serra possiamo ancora emettere in atmosfera senza causare un riscaldamento oltre i 2°C?

Per illustrare l’impatto cumulativo delle emissioni di gas serra sul clima, il rapporto SPM ricorda uno dei risultati pubblicati nella letteratura scientifica, e cioè che esiste un legame quasi-lineare tra le emissioni di gas serra ed il riscaldamento medio globale. Questo legame implica che ogni 1,000 Gt di emissioni cumulative (1 Gt di CO2 sono 109 tonnellate di CO2; come valore di riferimento, nel 2020 l’uomo ha emesso ~ 45 Gt di CO2-eq in atmosfera) causa un riscaldamento medio di circa 0.45°C (più precisamente, il rapporto SPM indica un intervallo di valori tra 0.27°C e 0.63°C, con 0.45°C come valore medio). 

L’esistenza di questo legame quasi-lineare è confermata, ad esempio, dalla figura 2, che mette in relazione il riscaldamento medio globale (dati da Copernicus Climate Change Service) con l’accumulo globale delle emissioni dei gas serra (dati da World Bank) tra il 1979 ed il 2018. Ogni punto in figura 2 rappresenta l’accumulo delle emissioni di gas serra (in ascissa) e l’anomalia di temperatura media globale (in ordinata) per uno dei 40 anni considerati. La linea retta illustra la relazione lineare tra le due variabili: per questi dati 1979-2018, la pendenza della retta è di 0.49°C (molto simile al valore medio di 0.45°C riportato da SPM). 

Possiamo utilizzare questa relazione per stimare come limitare il riscaldamento: se vogliamo contenere il riscaldamento medio globale al di sotto di 2°C (come definito nell’accordo della COP21 di Parigi), (nota 3) visto che oggi abbiamo già raggiunto un livello di riscaldamento medio globale di circa 1.2°C, dobbiamo limitare il riscaldamento a 0.8°C. La relazione quasi-lineare ci dice che possiamo, al massimo, emettere in atmosfera ulteriori 1,800 Gt CO2-eq di gas serra [0.8=(1,800/1,000)*0.45°C]. 

Nel 2018, l’uomo ha emesso in atmosfera circa 45 Gt CO2-eq di gas serra (30 Gt di CO2, e 15 Gt CO2-eq degli altri gas serra). Tra il 2010 ed il 2018, le emissioni di gas serra sono aumentate, in media, dello 1.6% ogni anno. Nel 2019 le emissioni globali non sono cresciute e sono rimaste al livello del 2018. La tabella 1 mostra quanti anni ci vogliono per emettere 1,800 Gt CO2-eq di gas serra, in diversi scenari di emissioni, da uno che prevede che le emissioni riprendano a salire del 1.6% l’anno, ad uno che assume riduzioni del 7% l’anno a partire dal 2021. Più precisamente, i 5 scenari considerati assumono che: 

  1. Dal 2021, le emissioni riprendono a crescere in media come nel periodo 2010-2018 del 1.6% l’anno;
  2. Le emissioni continuano a rimanere al livello del 2018 (45 Gt CO2-eq);
  3. Dal 2021, le emissioni vengono ridotte ogni anno, in media, del 1.6% rispetto all’anno precedente;
  4. Dal 2021, le emissioni vengono ridotte ogni anno, in media, del 3% rispetto all’anno precedente;
  5. Dal 2021, le emissioni vengono ridotte ogni anno, in media, del 7% rispetto all’anno precedente. 

Nei primi tre scenari (A, B e C), si raggiungerebbe un riscaldamento medio globale di 2°C, rispettivamente, in 30, 40 o 62 anni. Nel quarto scenario (D) si riuscirebbe a contenere il riscaldamento sotto sotto i 2°C, e nel quinto scenario (E) si riuscirebbe a contenere il riscaldamento medio globale al di sotto di 1.5°C (questi sono i due obiettivi discussi e definiti nella riunione COP21 del 2015 di Parigi). E’ interessante notare che nel quinto scenario, le emissioni di gas serra nel 2050 sarebbero di 5 Gt CO2-eq: in altre parole, una riduzione annua del 7% a partire dal 2021 ridurrebbe le emissioni di gas serra del 90% rispetto al valore del 2018 (45 Gt CO2-eq).  

Si esprimono spesso di obiettivi di riduzione delle emissioni entro il 2050 rispetto alle emissioni del 1990, l’anno in cui le emissioni globali di gas serra erano di 29.8 Gt CO2-eq. Ad esempio, l’Unione Europea ha come obiettivo una riduzione delle emissioni entro il 2030 del 55% rispetto al 1990, e di raggiungere zero-emissioni nette entro il 2050. Una riduzione delle emissioni del 3% l’anno porterebbe il valore delle emissioni nel 2050 a 18 Gt CO2-eq, una riduzione del 40% rispetto al valore nel 1990, ed una riduzione del 7% le porterebbe a 5 Gt CO2-eq, una riduzione del 82% rispetto al valore del 1990.

Questi semplici calcoli indicano che una crescita delle emissioni maggiore del 1.6% l’anno porterebbe a superare i 2°C in meno di 30 anni, e confermano il messaggio del rapporto SPM che il riscaldamento medio globale può venire contenuto se si riducono le emissioni sostanzialmente. Questi calcoli danno indicazioni molto utili sugli obiettivi, ma vanno trattati con molta attenzione, dato che non tengono conto della dinamica del sistema Terra, ed assumono che le componenti del sistema terra, in particolare gli oceani, i ghiacci, la vegetazione, continuino a comportarsi come in questi ultimi 40 anni. Ad esempio, non tengono conto della possibilità che l’oceano riduca la sua capacità di assorbire CO2, o che lo scioglimento dei ghiacci dell’Artico e della Groenlandia possano causare una ulteriore accelerazione del riscaldamento. 

Supponiamo, ad esempio, che gli oceani riducano la loro capacità di assorbimento della CO2 del 1-2% (si stima che nell’ultima decade abbiano assorbito, in media, circa il 30% della CO2 emessa in atmosfera) a causa di variazioni della circolazione, e di una saturazione del livello di CO2 negli strati superficiali. Supponiamo che anche le piante riducano la loro capacità di assorbimento di 1-2% (si stima assorbano circa il 20% della CO2 emessa in atmosfera), ad esempio a causa della deforestazione, o di una riduzione della capacità di fotosintesi a causa di stress termici ed idrici (dovuto al riscaldamento climatico stesso). Supponiamo inoltre che, a causa dello scioglimento dei ghiacci dell’Artico, una quantità maggiore di radiazione solare venga assorbita dall’oceano durante l’estate boreale (a causa della riduzione dell’albedo dovuto allo scioglimento dei ghiacci). Un ulteriore complicazione potrebbe venire da un’accelerazione delle emissioni di metano (CH4) dal permafrost (che si sta sciogliendo sempre di più a causa del riscaldamento globale), che porterebbe ad un aumento ulteriore dei gas serra in atmosfera. Tutti questi effetti potrebbero portare ad un aumento dell’accumulo dei gas serra in atmosfera di qualche punto percentuale: ecco perché occorre ambire a riduzioni importanti delle emissioni, di almeno il 3% in media, idealmente del 5-7%, se si vuole contrastare in maniera efficace il riscaldamento climatico. 

In altre parole, dobbiamo non solo cercare di ridurre le emissioni il più possibile, diciamo di almeno il 3,2% nei prossimi anni, per quindi raggiungere una media del 7% tra il 2021 ed il 2050, ma occorre anche continuare a monitorare la situazione del sistema Terra, per verificare che tali valori siano sufficienti anche negli anni futuri. Nel caso occorrerà rivedere gli obiettivi. 

IPCC SPM: proiezioni future

La figura 3 illustra le proiezioni del rapporto SPM del livello di riscaldamento globale che raggiungeremo nei prossimi anni fino al 2050, in funzione di 5 possibili scenari di emissioni. I 5 scenari assumono diversi livelli di popolazione mondiale, di sviluppo economico, e di aumento o riduzione delle emissioni di gas serra. 

Ad esempio, SSPS-8.5 assume che le emissioni continuino a crescere e raggiungano 4,500 Gt CO2-eq nel 2050 (circa 2,400 Gt accumulati dal 1850 al 2020, più altri 2,500 Gt emessi tra il 2021 ed il 2050), e mostra che con questo livello di emissioni si potrebbe raggiungere un riscaldamento medio globale tra 1.75°C e 2.75°C. Solo i primi tre scenari (SSP1-1.9, SSP1-2.6 e SSP2-4.5) assumono che l’accumulo di gas serra nel 2050 rimanga al di sotto di 4,200 Gt CO2-eq (circa 2,400 Gt accumulati dal 1850 al 2020, più altri 1,800 Gt emessi tra il 2021 ed il 2050), e che il riscaldamento non superi i 2°C prima del 2050.

Ricordiamo che questi valori di riscaldamento si riferiscono ai valori medi globali, e che ci sono aree del pianeta (i poli, o l’Europa) che si scaldano molto di più. Quindi un riscaldamento medio globale di 2°C rispetto al valore pre-industriale (dovuto ad un ulteriore riscaldamento di circa 0.8°C), si potrebbe tradurre, per l’Europa, in un riscaldamento medio globale di circa 5°C. 

Quali altri messaggi riporta IPCC SPM?

SPM riporta inoltre che:

  • Il cambiamento climatico sta intensificando il ciclo dell’acqua: questo causa precipitazioni più intense che possono causare alluvioni o periodi di siccità sempre più intensi e frequenti (esempi sono le alluvioni che hanno colpito l’Europa centrale a luglio 2021; o gli incendi legati ad ondate di calore e siccità che hanno colpito molti Paesi nelle ultime settimane);
  • Il cambiamento climatico sta cambiando le caratteristiche delle precipitazioni: alle alte latitudini, le proiezioni dicono che le precipitazioni aumenteranno, mentre ai tropici e nella regione Mediterranea diminuiranno;
  • L’innalzamento del livello del mare legato al cambiamento climatico è accelerato nell’ultima decade: eventi estremi che venivano osservati una volta ogni 100 anni, verso la fine del secolo potrebbero accadere ogni anno; 
    • Il riscaldamento accelererà lo scongelamento del permafrost, causerà una riduzione delle nevicate stagionali, lo scioglimento dei ghiacciai e lo scioglimento dei ghiacci dell’Artico (che potrebbe sciogliersi completamente d’estate prima del 2100);
    • Il cambiamento climatico continua ad indurre cambiamenti dello stato dell’oceano (ad esempio un aumento dell’acidificazione ed una riduzione dei livelli di ossigeno), con conseguente impatto sugli ecosistemi;
    • Nelle città, alcuni aspetti legati al cambiamento saranno amplificati, tra cui il riscaldamento (a causa delle isole di calore associate all’urbanizzazione), ed alluvioni legate ad eventi estremi di precipitazione, o per le città costiere l’innalzamento del livello del mare.La figura 4 illustra, ad esempio, la situazione ad oggi dell’estensione dei ghiacci dell’Artico, che quest’anno ha raggiunto valori molto vicini ai minimi osservati nel 2012 tra maggio e luglio. Il 17 agosto 2021 (ultimo valore riportato) i ghiacci dell’Artico coprivano una superficie di circa 5.7M km2, il 20% meno che il valore medio osservato tra il 1981 ed il 2010 (linea nera). 

Quale è il contributo dell’Italia alle emissioni di gas serra?

L’Italia ha circa l’0.8% della popolazione mondiale, ed emette circa l’0.9% delle emissioni di gas serra (vedi tabella 2). Se accumuliamo i contributi dell’Italia sul periodo 1990-2018, vediamo che l’Italia ha contribuito con il 1.3% delle emissioni. Il confronto tra le due percentuali ci indica che negli ultimi anni il contributo relativo italiano è sceso: di fatti, un’analisi delle emissioni annuali mostra che la percentuale era 1.65% nel 1990, ed è gradualmente scesa fino a raggiungere 0.87% nel 2018.

In termini di emissioni per persona nel 2018, la tabella 2 mostra che il valore per ogni italiano è stato di 6.6 t CO2-eq, un valore del 10% più alto della media mondiale (6 t CO2-eq), e circa il 24% meno più basso della media della zona Euro (7.9 t CO2-eq). Le emissioni per persona in Italia sono simili ai valori per Francia e UK, più basse dei valori per capita di Australia (24.6 t CO2-eq), Canada (18.4 t CO2-eq), USA (18.4 t CO2-eq) e Russia (17.6 t CO2-eq), e molto più alte di quasi tutti gli altri paesi del mondo. 

Si sente parlare spesso della Cina come il paese che ha causato e contribuisce maggiormente alle emissioni di gas serra. Se consideriamo le emissioni totali accumulate tra il 1990 ed il 2018, la Cina risulta il paese con il contributo maggiore (19.8%), seguita da USA (17.2%), la zona Euro (8.5%) e la Russia (6.6%), ed a seguire le altre nazioni. Il contributo della Cina è cresciuto da circa il 10% nel 1990, al 27% nel 2018, a seguito della sostanziale crescita economica. E’ da notare, però, che in termini di emissioni per persona, nel 2018 le emissioni per persona della Cina (8.8 t CO2-eq) sono più basse di quelle della Germania (9.7 t CO2-eq), di Australia, Canada e USA, e sono del 10% più alte della media della zona euro. Quindi, a seconda della misura che si utilizza per calcolare le emissioni, la Cina passa da principale emettitore (in termini di emissioni totali) a quarto emettitore (in termini di emissioni per persona). 

Quali obiettivi per l’Italia per gli anni futuri in termini di emissioni di gas serra?

La figura 5 mostra l’evoluzione delle emissioni di gas serra dell’Italia, espresse in termini delle emissioni nel 1990 (0.49 Gt CO2-eq), anno che viene preso spesso come riferimento per definire gli obiettivi di riduzione degli anni futuri. E’ interessante notare come le emissioni siano cresciute dal 1970 al 2005, e siano quindi diminuite, con due minimi relativi in coincidenza con le crisi economiche del 2009 e del 2014. In media, tra il 2005 ed il 2018, le emissioni dell’Italia sono diminuite del 2.1%. 

L’Unione Europea ha adottato come obiettivo per il 2030 una riduzione delle emissioni del 55% rispetto al valore del 1990. Per l’Italia, tale obiettivo equivale a diminuire le emissioni da 0.4 Gt CO2-eq nel 2018, a 0.27 Gt CO2-eq nel 2030: per raggiungere tale riduzione, occorre che in media, tra il 2018 ed il 2030, l’Italia riduca le emissioni globali di gas serra del 3.2%, una riduzione più alta della riduzione media osservata tra il 2005 ed il 2018 (2.1%).

Un altro obiettivo di cui si parla spesso è di raggiungere zero-emissioni nette di gas serra entro il 2050 (vedi, ad esempio, le discussioni alla Conferenza pre-COP26 ‘Climate-Exp0’, co-organizzata nel maggio 2021 da 80 università dell’Italia e della Gran Bretagna, che ha visto la partecipazione di 5,500 persone da 150 paesi). E’ da notare che una riduzione media delle emissioni italiane del 3.2% dal 2019 al 2050 porterebbe l’Italia ad emettere, nel 2050, ancora 0.14 Gt CO2-eq, un valore ancora lontano dall’obiettivo di zero-emissioni nette. Una riduzione più ambiziosa del 7% in media dal 2019 al 2050 porterebbe le emissioni nel 2050 a 0.039 Gt CO2-eq, un valore molto più vicino all’obiettivo di zero emissioni nette. 

Questa analisi illustra perché sia necessario che l’Italia lavori con questi obiettivi in mente, 3.2% in media tra il 2019 ed il 2030, ed il 7% in media tra il 2019 ed il 2050. Notare che, se tra il 2019 ed il 2030 l’Italia riuscirà a ridurre le emissioni, in media, del 3.2%, dovrà quindi accelerare la riduzione al 9% tra il 2030 ed il 2050 per ottenere un valore medio di riduzioni di circa il 7% su tutto il periodo 2019-2050. L’analisi illustra però come anche questi obiettivi non siano sufficienti per raggiungere zero-emissioni nette.

In conclusione

Direi che da questa analisi, basata sull’ultimo rapporto IPCC, e sui dati Copernicus e della World Bank, possiamo trarre le seguenti conclusioni:

  • L’ultimo rapporto IPCC pubblicato il 9 agosto 2021 conferma che il cambiamento climatico sta accelerando, ed indica molto chiaramente che di può contenere il riscaldamento se si riducono in maniera sostanziale le emissioni di gas serra;
  • La regione Europea è una delle aree dove il riscaldamento climatico è più evidente, circa 2.5 volte il valore medio globale: questo implica che un riscaldamento medio globale di 2°C potrebbe tradursi in un riscaldamento medio in Europa di 5°C;
  • E’ possibile stimare l’impatto delle emissioni future in funzione dell’accumulo di gas serra in atmosfera: simulazioni indicano che è necessaria una riduzione media delle emissioni di gas serra mondiali di almeno il 3% tra il 2019 ed il 2050, per contenere il riscaldamento globale entro i 2°C;
  • L’Italia, se vuole riuscire a raggiungere l’obiettivo di una riduzione delle emissioni nel 2030 del 55% rispetto al 1990, deve ridurre le emissioni in media del 3.2% l’anno, ogni anno dal 2019 al 2030; 
  • Se l’Italia vuole raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette entro il 2050, deve ridurre le emissioni in media di più del 7% l’anno, ogni anno, dal 2019 al 2050.  

Roberto Buizza è climatologo e docente di fisica presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa

NOTE E APPROFONDIMENTI:

1 IPCC è l’Intergovernmental Panel on Climate Change, il Gruppo di lavoro della Nazioni Unite stabilito per fornire alle Nazioni Unite ed alla comunità intera, scientifica e non, un continuo aggiornamento sullo stato del clima ed i progressi della scienza che ci aiuta a capire come sta evolvendo ed evolverà il clima nel futuro.

2 SPM riassume le conclusioni del Gruppo di Lavoro I, ed è il primo della VIa Serie dei Rapporti di IPCC, che verranno pubblicati tra il 2021 ed il 2022 (la Va Serie era stata pubblicata nel 2014). 

3 COP: Conference of the Parties. COP è l’organo decisionale del ‘United Nations Framework Convention on Climate Change’ (UNFCCC); si riunisce ogni anno, per analizzare come meglio implementare gli accordi presi per stabilizzare i livelli delle emissioni di gas serra, ed il riscaldamento globale. COP26 si terrà a Glasgow nel novembre 2021.

Ulteriori informazioni si trovano ai seguenti links:

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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