Il 6 febbraio si sono svolte le elezioni generali in Costa Rica, che prevedevano il rinnovamento dei 57 seggi dell’Assemblea Legislativa ed il primo turno delle elezioni presidenziali. Come previsto, le elezioni sono state caratterizzate da un grande frazionamento dei consensi tra i candidati, mentre l’affluenza alle urne è stata pari al 59,74%, con un calo di quasi sette punti percentuali rispetto al 2018.
Il frazionamento dei consensi ha reso necessario lo svolgimento di un secondo turno per le elezioni presidenziali, visto che nessuno dei candidati è riuscito ad ottenere la quota prevista dalla Costituzione del 40% dei consensi. Il prossimo 3 aprile, dunque, si svolgerà il secondo turno che metterà di fronte i due candidati più votati, José María Figueres, già presidente tra il 1994 ed il 1998, e Rodrigo Chaves Robles, che ha ricoperto l’incarico di ministro delle Finanze tra l’ottobre del 2019 ed il maggio del 2020.
Figueres si è classificato al primo posto con il 27,26% delle preferenze in rappresentanza del Partido Liberación Nacional (PNL), mentre Chaves si è fermato al 16,70% sotto l’egida del Partido Progreso Social Democrático (PPSD). Sulla carta, entrambi questi partiti si considerano formazioni di centro-sinistra di ispirazione socialdemocratica, etichetta sotto la quale si presentano numerosi partiti politici della Costa Rica. Socialdemocratico, infatti, si proclama anche il Partido Acción Ciudadana (PAC) del presidente uscente Carlos Alvarado Quesada, che però questa volta ha ottenuto un misero 0,66% con la candidatura dell’ex ministro dell’Economia Welmer Ramos González. La realtà, però, è che tutti questi partiti si sono dimostrati nei fatti conservatori e liberisti.
Tra i candidati che hanno ottenuto un numero significativo di voti, al terzo posto troviamo Fabricio Alvarado Muñoz (14,82%), del Partido Nueva República (PNR), formazione conservatrice, seguito da Lineth Saborío Chaverri (12,36%) del Partido Unidad Social Cristiana (PUSC) e da Eliécer Feinzaig Mintz (12,33%) del Partido Liberal Progresista (PLP). Una candidatura propriamente di sinistra era invece quella di José María Villalta Florez-Estrada, che ha ottenuto l’8,70% con i colori del Frente Amplio (FA). In totale, erano presenti ben venticinque candidati alla massima carica del Paese centroamericano.
Per quanto riguarda la distribuzione dei seggi dell’Assemblea Legislativa, il PNL si è classificato al primo posto con 18 deputati eletti, seguito dagli undici del PPSD, che ha ottenuto un risultato decisamente migliore alle legislative rispetto alle presidenziali. Il PPSD di Chaves ha chiuso solamente al terzo posto, eleggendo appena nove deputati, il che potrebbe complicare la vita dell’ex ministro qualora dovesse ottenere la presidenza. Il quadro dell’organo legislativo è completato da sette deputati del PNR e dai sei a testa per il PLP e il Frente Amplio.
Alberto Santana, ricercatore del Centro di ricerca sull’America Latina e i Caraibi presso l’Università Nazionale Autonoma del Messico (UNAM) ha sottolineato come la Costa Rica, storicamente considerata come la più consolidata democrazia dell’America Latina, stia vivendo una crisi senza precedenti del proprio sistema politico, come dimostra il tasso di astensionismo che ha superato il 40%: “La Costa Rica appare come uno dei paesi con la maggiore stabilità politica e con la democrazia elettorale più matura dei paesi dell’America Latina”, commenta su TeleSur l’accademico messicano. “Ma, nonostante ciò, in tempi recenti si sono manifestati forti problemi nella sua struttura sociale ed economica favoriti dal modello neoliberista che ha prevalso negli ultimi decenni in quella nazione dell’istmo centroamericano”.
Santana ha anche pubblicato un libro proprio su questo Paese (“Costa Rica en los inicios del siglo XXI”), nel quale sottolinea: “Anche in Costa Rica il cosiddetto modello neoliberista ha avuto un effetto significativo dovuto al ruolo che ha avuto nell’orientamento della struttura economica e sociale del Paese centroamericano. Le politiche di aggiustamento strutturale hanno formato un nuovo schema, molto diverso dal modello tradizionale del cosiddetto ‘benessere sociale’”. Allo stesso modo, la Banca Mondiale ha sottolineato come la Costa Rica sia stato uno dei Paesi ad aver maggiormente subito le conseguenze negative della pandemia, causando una contrazione del PIL del 4,1% nel 2020 ed un tasso di disoccupazione pari al 20%: “Nonostante i forti sforzi di mitigazione, il reddito del 40% più povero della popolazione è diminuito del 15% lo scorso anno e si stima che 124.000 persone siano cadute in povertà, il che portato il tasso di povertà al 13%nel 2020”, afferma il rapporto della Banca Mondiale.
“L’attuale sviluppo dell’economia costaricana mostra un elevato disavanzo fiscale, una diffusione sempre più evidente della corruzione, un crescente sviluppo della povertà, della disoccupazione, un alto tasso di disuguaglianza, nonché una crescita costante della criminalità organizzata”, prosegue ancora Santana nel suo articolo. “L’intera situazione ha indubbiamente indebolito la credibilità del sistema dei partiti politici dal punto di vista di ampie fasce della popolazione”.
Secondo il ricercatore dell’UNAM, il ballottaggio tra Figueres a Chaves non cambierà i destini della Costa Rica: “Ciò che sembra prefigurarsi nell’orizzonte politico è la continuità del modello neoliberista e una maggiore stagnazione dello sviluppo sociale ed economico della sua società”. Tuttavia, avverte Santana, in questo modo “si accumulerà un maggiore malcontento nei confronti della classe politica” e “ad un certo momento esploderà la ribellione degli ampi settori popolari contro il loro degrado economico e sociale”.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog