Alexandro Sabetti

Il genocidio che subisce il popolo congolese da più di vent’anni non conosce soste: a 10 anni dal Rapporto Mapping si parla di 12 milioni di morti in Congo. Agli scontri etnici per le terre si aggiunge la corruzione sistemica, come dimostrato dall’inchiesta Congo Hold-up. Più di venti anni di violenze avvenuti sotto gli occhi inermi dell’Onu.

L’apocalisse nel Congo

Del Congo abbiamo sentito parlare per qualche giorno solo nel febbraio del 2021 quando fu ucciso l’ambasciatore italiano, Luca Attanasio.

Prima è dopo appartiene alle storie fantasma del nostro pianeta: si sa che c’è qualcosa ma non si sa bene cosa.

Ma in Congo è in corso da anni una “Guerra Mondiale Africana”, come è stata definita, che vede combattersi sul territorio congolese gli eserciti regolari di ben sei Paesi per una ragione molto semplice: il controllo dei ricchi giacimenti di diamanti, oro e coltan del Congo orientale

Al conflitto, poi, si aggiunge anche la corruzione sistemica: Radio France Internationale, insieme a De Standard, Le Soir, Der Spiegel, Bloomberg, Bbc Africa Eye con l’inchiesta congiunta Congo Hold-up hanno rivelato come 138 milioni di dollari prelevati dalla casse dello Stato tra il 2013 e il 2018 siano divenuti quella definita “tassa Kabila” (dal nome dell’ex presidente del Paese, Joseph Kabila) con la complicità di banche, società pubbliche e private.

Tra le vittime dirette di questo conflitto e contando anche i morti per carestie e malattie causate dal conflitto, dieci anni fa si contavano 6 milioni di morti.

Ma il numero diventa apocalittico se si tiene conto del Rapporto mapping: a dieci anni dalla sua pubblicazione le violenze perpetrate contro la popolazione non sono cessate e il numero delle vittime inermi è più che raddoppiato: oltre 12 milioni di congolesi assassinati.

Nella Repubblica democratica del Congo si sta consumando un’uccisione di massa della popolazione, un vero genocidio, con l’occupazione delle terre e la sostituzione degli autoctoni con elementi di etnia Tutsi provenienti dal Ruanda e dall’Uganda.

I popoli Nande e Fuliro all’Est del Congo, i Luba de Kamuena Nsapu in Centro, i Kongo di Bundu dia Kongo a Ovest sono vittime di genocidio: fosse comuni, omicidi, rapimenti, avvelenamenti.

La situazione è volutamente opacizzata, ma chiara nei numeri da olocausto che provoca. La popolazione Nande ha subito una decimazione inarrestabile per crimini perpetrati contro di essa, fino a totalizzare la morte del 95 per cento della comunità – prima del 1996, data dell’inizio della guerra – come evidenziato dal Rapporto Yotama (sul massacro dei Beni e degli Irumu

Tutti questi crimini avvengono sotto gli occhi di un super testimone, l’Onu, tramite la sua “Missione per la pace in Congo” (Monusco).

Gli esperti delle Nazioni unite hanno realizzato dei resoconti dettagliati dei crimini di guerra contro l’umanità che tra il 1993 e il 2003 avevano causato la morte di circa sei milioni di persone e centinaia di migliaia di sfollati.

Si tratta, come già anticipato, del Rapporto Mapping pubblicato il 1° ottobre 2010: in più di seicento pagine denuncia ben 617 casi di violazioni gravi dei diritti umani e dei diritti internazionali umanitari e 700 massacri, classificati come crimini di guerra, crimini contro l’umanità e alcuni come crimini di genocidio.

Ma di tutto quest’orrore non c’è traccia nell’opinione pubblica mondiale. I congolesi restano figli di un dio minore

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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