Per riconquistare le masse la sinistra #radicale dovrà essere in grado di #egemonizzare il processo di ricomposizione delle forze che dovranno restituire una rappresentanza politica alle classi medio-basse.

 di Renato Caputo  

In tutta la sinistra e il centrosinistra (termine con il quale ci si riferisce principalmente ai grillini) ferve il dibattito sulle alleanze in vista in particolare delle prossime regionali nel Lazio. In questa centrale regione si è aperta la possibilità di un’alleanza ampia che unisca le forze della sinistra, dalla radicale di Up alla riformista di Si e al centrosinistra, di fatto rappresentato dai Cinque Stelle dopo l’uscita dal partito qualunquista della destra capeggiata da Di Maio, senza contare i diversi eletti dal M5S passati nei partiti della destra al governo. In tal modo, nel confronto preferito dalla classe dominante, fra la destra liberale, rappresentata da Pd, Calenda e Renzi, e la destra conservatrice e reazionaria rappresentata da Meloni, Salvini e Berlusconi, si inserirebbe un terzo contendente in grado, dopo diverso tempo, di tornare a rappresentare politicamente gli interessi dei ceti sociali medio-bassi. La posta in gioco è elevatissima, ne va, in qualche modo, della stessa sopravvivenza della democrazia, in quanto persino l’ultimo suo scampolo accettato dai liberali, cioè il suffragio universale, sta progressivamente dileguandosi, dal momento che i ceti sociali medio-bassi non trovando nessuno che li rappresenti degnamente, realmente, utilizzano come arma di protesta la non partecipazione al voto, non legittimando, inconsapevolmente, in tal modo, l’egemonia della borghesia, ma, aprendo la strada, in modo altrettanto non voluto, alla restaurazione oligarchica

Del dibattito in atto nel centrosinistra grillino e nella riformista Sinistra Italiana ci interessa sino a un certo punto, in quanto la nostra possibilità di influenzarlo è estremamente limitata. È, comunque, necessario osservare che Conte pone, da un certo punto di vista correttamente, la questione delle alleanze, cioè per lui prima dei nomi dei candidati e dei partiti con cui allearsi vi è la questione dei contenuti dell’alleanza, cioè dei programmi. Tale impostazione appare necessariamente come la più sensata, la meno ideologica e la più onesta, anche se in realtà è espressione della natura fondamentalmente qualunquista del M5S, pronto ad allearsi, come in parte hanno dimostrato i fatti, con chiunque, pur di avere poltrone e una porzione di potere. Come è noto sino a ora i grillini, dopo aver giurato che non si sarebbero alleati con nessuno, si sono legati prima alla destra radicale e poi alla destra liberale, ma ora sembrano, per la prima volta, non escludere un’alleanza con la sinistra moderata

Anche perché dal momento che la destra conservatrice e reazionaria non ne ha bisogno per governare e la destra liberista preferisce in generale non mescolarsi agli imprevedibili e inaffidabili qualunquisti, non gli resta che provare ad aprire alla possibilità di un’alleanza con la sinistra moderata. Ciò dipende dal fatto che essendo gli elettori di destra del Movimento 5 Stelle tornati a votare per i loro partiti tradizionali e gli sentendosi gli elettori di centro rappresentati dai vari Renzi, Pd e Calenda, sono essenzialmente gli elettori di sinistra, privi di una credibile rappresentanza politica, a esprimere la loro protesta o con l’astensione o votando per il M5S. Da questo punto di vista, per non perdere il proprio zoccolo duro qualunquista, la situazione migliore per Conte è quella che si è venuta a creare con le elezioni nazionali in cui la sinistra moderata si è svenduta per un pugno di poltrone a coprire da sinistra l’agenda ultraliberista di Draghi riproposta dal Pd, in competizione con Renzi e Calenda portatori di un identico programma, e la sinistra radicale si è autocondannata, prevalendo al suo interno le forze settarie e massimaliste, a raccogliere un inconsistente voto di testimonianza, che rischia seriamente di divenire sempre più residuale, al di là del suo necessariamente ristretto zoccolo duro, che considera la testimonianza, in mancanza d’altro, il meno peggio. D’altra parte la grande maggioranza del popolo di sinistra alla mera e residuale testimonianza preferisce il voto utile, o il voto di protesta ai qualunquisti, o la protesta ancora più radicale e nichilista del non voto o, infine, il voto di scambio. 

Perciò, in tale situazione Conte può riconquistare in pieno la sua base qualunquista presentandosi in splendido isolamento e spacciandosi come soluzione meno peggio per l’elettore della sinistra che si ritrova privo di una rappresentanza reale e credibile. Così Conte senza dire e fare nulla di sinistra, ma semplicemente in quanto il suo qualunquismo non lo porta a sposare incondizionatamente il pensiero unico dominante, come fanno la destra liberale e la destra conservatrice e reazionaria, può portarsi a casa il voto di ex elettori tanto della sinistra moderata che della sinistra radicale. 

Naturalmente tale trucco può funzionare fino a quando la sinistra riformista, pensando essenzialmente ai posti, corre dietro al Pd, nel caso quest’ultimo ne avesse bisogno come copertura a sinistra, mentre la sinistra radicale ambisce al minoritario e nefasto ruolo di testimonianza da grillo parlante o da Cassandra. Tale tattica potrebbe alle lunghe apparentemente anche pagare, nel senso che dopo averle provate tutte il voto di protesta potrebbe finire per essere intercettato in parte consistente dalla sinistra radicale, come avvenuto nelle ultime elezioni per Meloni, prima per Salvini e prima ancora per Grillo etc. D’altra parte è principalmente l’ideologia dominante, espressione delle classi dominanti, che stabilisce, nella maggior parte dei casi, in quale direzione canalizzare il voto di protesta. Senza contare che il voto di protesta tende a perdere la sua forza, nel momento in cui cresce l’astensionismo fra le classi medio-basse e si innesca l’attuale tendenza alla restaurazione oligarchica.

Del resto, anche nel caso in cui si riuscisse a intercettare il voto di protesta, tale impresa necessiterebbe concessioni decisamente ampie al populismo e alla demagogia, con cui una volta conquistato il consenso toccherà necessariamente fare i conti e non è detto che si sarà in grado di riprendere il controllo e l’egemonia su questi aspetti irrazionalistici e, di fatto, contrari allo scopo.

Tanto più che anche nella remota possibilità di riuscire a intercettare una componente maggioritaria del voto di protesta, questo non sarebbe sufficiente per governare da soli, sarebbe dunque necessario stabilire delle alleanze generalmente con forze ben più moderate, inoltre per volgere a proprio favore un governo ci vorrebbe una strategia rivoluzionaria e quest’ultima non avrebbe il supporto necessario sino a che le masse non perderanno l’illusione di poter risolvere i loro problemi in modo meno rischioso e indolore

Perciò resta centrale, per la sinistra realmente di alternativa, che abbiano governato e tradito le aspettative del popolo tanto le forze della destra sociale, quanto quelle dei qualunquisti, del centrosinistra e della sinistra moderata. Questa è una condizione necessaria ma non sufficiente, soprattutto se si è persa credibilità fra i propri ceti sociali di riferimento.

Ciò avviene in primo luogo quando hai voluto a tutti i costi governare un paese imperialista, pur essendo minoranza, e quindi hai finito per scambiare la primogenitura per un piatto di lenticchie, coprendo a sinistra le politiche antipopolari di un governo sedicente di centrosinistra. Una volta persa la fiducia del proprio elettorato sociale di riferimento non sarà facile riconquistarla. In un primo momento devi mostrare di aver fatto pienamente tesoro degli errori compiuti, per non rischiare di perdere nuovamente la fiducia. Dall’altra dovrai riconquistare la fiducia dimostrandoti un’alternativa credibile e reale. A tale scopo devi in ogni modo evitare il settarismo, l’opportunismo di sinistra che in tali fasi tende spontaneamente ad affermarsi. Da questo punto di vista il minoritarismo da anima bella è l’attitudine che deve essere in ogni modo contrastata. 

A questo scopo la soluzione più semplice e indolore sarebbe fare entrismo in un partito del lavoro, in un partito del popolo, in un partito socialdemocratico di massa, anche se guidato da dirigenti riformisti e revisionisti. Nel qual caso ti potresti strutturare in frazione comunista, internazionalista, rivoluzionaria e da questa posizione condurre una lotta per l’egemonia di contro alle componenti dominanti piccolo-borghesi. In questo caso avresti il vantaggio che in un partito di massa composto principalmente da proletari, le posizioni filoproletarie hanno più facilità di affermarsi rispetto a quelle piccolo-borghesi.

In una situazione così arretrata come quella italiana in cui non esiste un partito del lavoro, del popolo, socialdemocratico, o un partito genericamente di sinistra, ma con una base di massa cosa fare?

Innanzitutto bisognerà dimostrarsi pronti a rispondere all’esigenza profonda, per quanto in molti casi inconscia, dei ceti popolari medio-bassi di avere una rappresentanza politica capace di produrre un miglioramento oggettivo nelle condizioni di vita dei subalterni. Perciò, in una situazione del genere, non puoi tirarti indietro quando si apre la possibilità di confrontarsi, in particolar modo a partire dai programmi, con altre forze che aspirano anche loro a coprire il vuoto di rappresentanza che si è aperto nel momento in cui la maggioranza dei votanti si ritrova priva di un partito di riferimento. Nel nostro caso specifico, se si crea l’opportunità in una regione centrale come il Lazio di potersi confrontare sui programmi nella lotta per l’egemonia con forze della sinistra riformista e del centrosinistra non ci si può certo permettere il lusso di fare gli splendidi e di tirarti indietro, magari per una inconfessata e inconfessabile paura di perdere il confronto-scontro.

La posizione oggettivamente suicida dell’anima bella che, per paura di doversi sporcare necessariamente le mani, si ostina a permanere nel proprio, solo apparentemente splendido, isolamento, non può giustificarsi ricordando che i dirigenti piccolo-borghesi della sinistra moderata e del centrosinistra non hanno fatto e, quindi, non faranno i reali interessi del proletariato. Tale certezza soggettiva, per divenire reale, deve dimostrare la propria capacità di affermarsi oggettivamente. Per far ciò bisogna a ogni costo accettare la sfida di confrontarsi sui programmi, per cominciare a dimostrare alla propria classe di riferimento che soltanto i tuoi programmi, se sono realmente rivoluzionari, possono soddisfare i bisogni profondi e reali delle masse popolari

Tanto più se, partendo da un confronto sui programmi, si creasse la possibilità di mettere insieme una alleanza elettorale in grado di, potenzialmente, rappresentare i ceti medio-bassi, al momento orfani di rappresentanza, bisognerà necessariamente prendervi parte, con la sola clausola di poter durante la campagna elettorale portare avanti la lotta per l’egemonia di contro alle componenti piccolo-borghesi, per stabilire chi dovrà avere principalmente la direzione nella rappresentanza politica dei ceti medio-bassi.

A tale scopo e, prima ancora, per farsi accettare al tavolo delle trattative con la sinistra riformista e il centrosinistra, sarà indispensabile che le forze della sinistra radicale siano il più possibile capaci di compattarsi e di apparire il più possibile unite, almeno agli occhi degli altri competitori e delle masse popolari

https://www.lacittafutura.it/interni/come-rendere-di-nuovo-credibile-la-sinistra-radicale

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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