Pubblicato l’Atlante dei pesticidi. Tra costi ambientali e sociali, il documento ricostruisce il ruolo dei prodotti chimici in agricoltura
Pesticidi usati in agricoltura © Mirko Fabian/Unsplash
Il consumo mondiale di pesticidi è in costante aumento: tra il 1990 e il 2017 è cresciuto di circa l’80 per cento. L’effetto combinato di pesticidi, fertilizzanti e progresso tecnologico ha portato a uno sconvolgimento nella produzione agricola: gli agricoltori avranno anche soppresso le malattie e i parassiti delle piante favorendo l’uso di pesticidi piuttosto che rotazioni di colture. Ma ora le monocolture sono diventate la norma e i prodotti chimici stanno condannando la biodiversità e il suolo.
Parliamo di almeno 4 milioni di tonnellate di pesticidi all’anno. Per la metà si tratta di erbicidi, per combattere le erbe infestanti. Circa il 30%, invece, è costituito da insetticidi, destinati ad eliminare gli insetti che danneggiano le colture. E circa il 17 per cento è rappresentato da fungicidi, utilizzati contro le infestazioni fungine. A livello globale, il loro giro d’affari ha raggiunto un valore di circa 84,5 miliardi di dollari (dati 2019), segnando un tasso di crescita annua di oltre il 4 per cento dal 2015. Una cifra che probabilmente crescerà nei prossimi anni, raggiungendo già nel 2023 oltre 130 miliardi di dollari.
I dati sono illustrati nell’Atlante dei pesticidi 2023, redatto dalla Fondazione Heinrich Böll insieme ad altre organizzazioni ambientali.
Effetti collaterali che non possiamo sottovalutare
Sono passati 60 anni dalla cosiddetta “rivoluzione verde”, quella per cui, a dispetto del nome, si puntava a rendere l’agricoltura più efficiente attraverso una serie di migliorie tecniche. Tra cui, appunto, l’uso dei pesticidi. Ciò accadeva – e succede ancora – nel Sud del mondo, dove gli effetti sul lungo termine sono sotto gli occhi di tutto: la crisi climatica ha cambiato la popolazione di parassiti, a scapito degli insetti utili, mentre le piante stanno perdendo la loro capacità naturale di resistere allo stress provocato dal riscaldamento globale. Tanto che potremmo perdere, con l’aumento delle temperature, tra il 10 e il 25% delle colture di riso, mais e frumento.
Come è ormai stato evidenziato da diversi studi, i pesticidi non rimangono confinati dove vengono applicati, ma contaminano l’ambiente circostante e minano l’equilibrio degli ecosistemi, riducendone la biodiversità. Sono addirittura colpevoli di contribuire all’inquinamento di microplastiche, poiché i loro principi attivi sono spesso incapsulati in rivestimenti di tale materiale, per rallentarne il rilascio.
È quindi essenziale che le autorità, ovunque nel mondo, informino gli agricoltori dei pericoli, adottando misure di protezione e implementando con ogni mezzo soluzioni alternative. Le idee in questa direzione non mancano, anche se la ricerca in merito al controllo ecologico dei parassiti rimane sotto-finanziato.
Sull’utilizzo dei pesticidi pesano le autorizzazioni temporanee di prodotti vietati
Tra i prodotti fitosanitari più venduti ci sono glifosato, il paraquat, l’atrazina e i neonicotinoidi. Questi prodotti hanno in comune il fatto di essere considerati pericolosi per l’ambiente e per l’essere umano: il glifosato è nella lista dei prodotti probabilmente cancerogeni, il paraquat è altamente tossico, l’atrazina è un interferente endocrino e i neonicotinoidi sono estremamente dannosi per diversi organismi viventi, tra cui le api.
Inoltre, nelle colture europee si trovano anche tracce di pesticidi il cui utilizzo è stato vietato dalle autorità. Ciò è dovuto all’uso di prodotti illegali e contraffatti che rappresentano fino a 14% del mercato dell’Unione europea (come dimostra il maxi-sequestro in Europa di pesticidi contraffatti provenienti, tra gli altri Paesi, da Svizzera, Colombia e Stati Uniti, per un valore di 94 milioni di euro). Ma un ruolo decisivo lo hanno anche le numerose deroghe e autorizzazioni temporanee che gli Stati membri europei hanno concesso. Negli ultimi sei anni sono almeno 3.600 le autorizzazioni e Paesi come Francia e Belgio utilizzano anche i fondi comuni della PAC per sovvenzionare tali esenzioni.
Una tassa sui pesticidi: 50 anni fa l’idea (vincente) della Danimarca
I quattro Paesi europei che più importano pesticidi dall’estero sono Germania, Francia, Italia e Spagna. Ma esistono differenze notevoli: l’Italia, dove l’area dedicata alle piante da frutto e a quelle ornamentali permanenti è enorme, usa più pesticidi rispetto a Paesi che presentano soprattutto terre coltivate. In Europa solo il Lussemburgo ha vietato tutti gli erbicidi a base di glifosato dal 1 gennaio 2021.
Particolare è il caso della Danimarca, che ha ridotto l’uso di questi prodotti dopo aver introdotto una tassa nel 1972 – rivista più volte negli anni successivi – che segue il semplice principio “più è tossico, più paghi”. Tutto il reddito ricavato viene trasferito al settore agricolo, riducendo le resistenze da parte degli agricoltori nei confronti di questa misura.
L’idea di introdurre una tassa a livello continentale ha sfiorato in più occasioni l’Unione europea, eppure non è mai stata tramutata in realtà, cosa che fa sorgere qualche dubbio su come l’Ue potrà raggiungere l’obiettivo di dimezzare del 50% l’uso di pesticidi entro il 2030, come stabilito dalla sua strategia “Farm to Fork”.
11 mila persone muoiono ogni anno a causa dei pesticidi
Nonostante esistano diversi studi indipendenti in cui si dimostra la nocività del glifosato, l’Ue ha approvato il suo utilizzo diverse volte, l’ultima delle quali nel 2017. Milioni di cittadini europei sono inconsapevolmente esposti al rischio di contatto con questo controverso erbicida: dai campi alle foreste o per mezzo di cibo e acqua potabile. Il glifosato è ovunque.
Alcuni studi stimano in 11mila persone le vittime annuali dei pesticidi. Ci sono poi evidenze di legami tra l’esposizione ai pesticidi e l’alto tasso di malattie croniche come il morbo di Parkinson o la leucemia nei bambini, nonché l’aumento di rischio di sviluppare tumori al fegato o al seno, il diabete di tipo 2, asma, allergie, obesità e disturbi endocrini.
Nel 2015, la Iarc (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) ha dichiarato il glifosato come “probabilmente cancerogeno”, mentre uno studio condotto dall’università di Washington ha stabilito che il rischio di sviluppare il linfoma non-Hodgkin in individui esposti a erbicidi a base glifosato è più alto del 41%. Non è un caso se 96mila persone nel mondo hanno già fatto causa alla Bayer, marchio proprietario del Roundup, principale prodotto a base di glifosato, ottenendo risarcimenti in denaro per un totale di 11,6 miliardi di dollari. 30mila cause sono ancora in corso.
Il costo del cibo è aumentato di 5 volte, il guadagno dei contadini si è dimezzato
Eppure, nonostante tutti questi campanelli d’allarme, il glifosato è ancora tra di noi. È vero che grazie ai pesticidi nei secoli l’umanità è riuscita a sfamare una parte sempre più crescente della popolazione mondiale. Ma ancora oggi 800 milioni di persone, per lo più agricoltori, sono denutriti. A guadagnare da questo modello sono soprattutto le grandi multinazionali dell’agrobusiness: da quando i primi pesticidi sono entrati in commercio, il prezzo del cibo è aumentato di 5 volte, mentre il guadagno dei contadini si è dimezzato.
Senza contare gli effetti sulla salute umana e la perdita di biodiversità: in un’analisi costi-benefici condotta nell’Atlante dei pesticidi, si evidenzia come gli utili del settore dei fitosanitari valga all’incirca 1 miliardo di euro l’anno in Europa, mentre i costi, per lo più pubblici, per “sistemare” i danni (bonifica delle acque, cura delle malattie direttamente imputabili ai pesticidi, sviluppo di regolamenti, ecc.) ammontino a 2,3 miliardi l’anno, più del doppio, insomma, dei benefici.
La sovranità alimentare in mano a quattro multinazionali
Basterebbe questo mero calcolo a dimostrare quanto siano dannosi, sotto tutti i punti di vista, i prodotti chimici impiegati in agricoltura. Se poi ci mettiamo pure che la sovranità alimentare è, di fatto, in mano a quattro multinazionali allora diventa chiaro a tutti come il sistema agricolo debba cambiare al più presto.
Le quattro principali società – Syngenta, Bayer, Corteva e Basf – controllavano circa il 70% del mercato globale per pesticidi nel 2018. Venticinque anni prima, questa cifra era solo del 29%. Per quanto riguarda le sementi, le stesse quattro aziende ne possiedono il 57%, contro il 21% precedente. Concentrare nelle stesse mani pesticidi e sementi non è sano: questi colossi dell’agrobusiness guadagnano sui brevetti applicati ai semi, sulle sostanze usate per proteggere quegli stessi semi dai parassiti e sulla ricerca genetica per i semi del futuro.