Le elezioni dello scorso 6 giugno hanno visto per la seconda volta consecutiva la vittoria delle forze di opposizione, mettendo in luce le debolezze della monarchia.

Le elezioni dello scorso 6 giugno avrebbero dovuto porre fine alla crisi politica in Kuwait, e invece hanno premiato le forze di opposizione, rendendo palese agli occhi di tutti il momento di debolezza che attraversa la monarchia della dinastia Al-Sabah.

Negli ultimi anni, infatti, l’emirato più settentrionale del Golfo Persico ha visto il succedersi di ben sette governi prima di questa tornata elettorale, l’ultimo dei quali nominato lo scorso aprile e affidato allo sceicco Ahmad Nawaf Al-Ahmad Al-Sabah (in foto). Nel giugno dello scorso anno, un regio decreto aveva sciolto il parlamento del Paese e indetto nuove elezioni, con l’obiettivo di inaugurare una “nuova era” e porre fine all’instabilità politica. Tuttavia, nel marzo di quest’anno l’organo legislativo è stato sciolto dalla Corte costituzionale del Kuwait, e sostituito dallo stesso parlamento che lo aveva preceduto.

Tale decisione da parte della Corte costituzionale era stata interpretata da molti osservatori come un attacco all’opposizione del Kuwait, dopo che la maggioranza dei seggi nelle elezioni di settembre era andata proprio a membri dell’opposizione. Secondo Luai Allarakia, professore di scienze politiche intervistato da Al Jazeera, la decisione ha “fatto precipitare il Kuwait in una crisi costituzionale, [mettendo] i membri dell’opposizione nella scomoda posizione di criticare la corte“.

Di fronte a questa situazione critica e secondo molti illegittima, il principe ereditario Sheikh Meshal Al-Ahmad Al-Jaber Al-Sabah ha dichiarato che il parlamento ripristinato sulla base della sentenza della Corte costituzionale sarebbe stato sciolto per permettere lo svolgimento di nuove elezioni. Il principe ereditario ha detto che la “volontà del popolo” richiedeva nuove elezioni che sarebbero state “accompagnate da alcune riforme legali e politiche per portare il Paese a una nuova fase di disciplina e riferimento legale”.

Nelle speranze della famiglia regnante, le nuove elezioni avrebbero dunque dovuto restituire stabilità e legittimità politica al parlamento, mettendo fine alla crisi istituzionale. Tuttavia, in quelle che sono state le terze elezioni legislative kuwaitiane degli ultimi tre anni, è stata ancora una volta l’opposizione a conquistare la maggioranza dei seggi. Secondo i risultati annunciati dalla Kuwait News Agency, infatti, i politici dell’opposizione hanno ottenuto 29 dei 50 seggi a disposizione, ricalcando i risultati delle elezioni di settembre. “Ciò significa essenzialmente che la politica del Kuwait è ancora in una situazione di stallo e non si smuoverà“, ha commentato Rob Matheson, corrispondente di Al Jazeera da Kuwait City.

Matheson ha anche notato che l’affluenza alle urne alle elezioni è stata bassa, pari ad appena il 51% degli aventi diritto, a indicare il livello di insoddisfazione dei kuwaitiani nei confronti dell’attuale processo politico. Nulla di sorprendente, visto il continuo susseguirsi di governi ed elezioni che non riescono a fornire una stabilità politica al Paese, andando quindi a minare la credibilità stessa delle istituzioni statuali agli occhi dei cittadini.

Da notare anche che fra i 50 nuovi deputati è stata eletta solo una donna, la candidata dell’opposizione Jinan Boushehri, che aveva già ottenuto il seggio alle elezioni, poi annullate, dello scorso settembre. Anche l’ex presidente del parlamento Marzouq al-Ghanim è stato rieletto all’assemblea. L’influente uomo politico e imprenditore che rappresenta la comunità imprenditoriale del paese è stato critico nei confronti del ministro in carica del Kuwait, lo sceicco Ahmad al-Nawaf al-Ahmad al-Sabah, figlio dell’attuale emiro Nawaf Al-Ahmad Al-Jaber Al-Sabah.

A seguito delle elezioni, un nuovo governo, il quinto nell’arco dell’ultimo anno solare, è stato nominato nel tentativo di portare finalmente certezze alla politica kuwaitiana, sebbene il compito si annunci arduo. Il nuovo governo del Kuwait, che ha prestato giuramento lo scorso 19 giugno, ha visto la nomina di Saad al-Barrak come ministro del Petrolio in sostituzione di Bader al-Mulla. L’emiro ha anche nominato un nuovo ministro della Difesa, lo sceicco Ahmad al-Fahad al-Ahmed Al-Sabah, mentre il ministro delle Finanze Manaf Abdulaziz al-Hajri ha mantenuto il suo portafoglio. Lo sceicco Ahmad al-Nawaf al-Ahmad Al-Sabah, figlio dell’emiro, è stato tuttavia confermato nel ruolo di primo ministro.

Secondo gli analisti, il nuovo esecutivo ha poche possibilità di avere successo. Il governo resta infatti fortemente legato agli interessi della famiglia reale, mentre il parlamento vede una maggioranza di oppositori al potere monarchico. A salvare il potere della famiglia Al-Sabah i quindici membri del parlamento nominati dallo stesso governo, che farebbero pendere la bilancia in favore della maggioranza. Tuttavia, sarebbe ingenuo da parte della monarchia far finta di avere una legittimazione popolare che le ultime due elezioni legislative hanno negato a chi detiene il potere.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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