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L’annunciato decreto-legge Caivano con la sua rapida approvazione, il clima e il contesto politico in cui è maturato costituiscono una didattica esemplare di quella politica legge e ordine, “mandiamo l’ispettore Callahan nelle periferie” che non sposta di una virgola il problema. Contro il degrado serve la cultura, ma quale?
Contro il degrado serve la cultura
Si sente dire che la cultura non serve, ci vogliono soldati e pene aspre. Ma c’è un fraintendimento di fondo. La cultura che serve non è quella degli assessorati, dei convegni o dei centri sociali comunali. Non è nemmeno la musica o i libri.
Nessuno pensa – e se lo pensa è scemo – che andando in certi posti con Mozart o con Manzoni si cambia la gente. Meno ancora con le targhe, la toponomastica, i progetti sulla legalità, i cortei. A questo punto, meglio i blitz, almeno si tiene a bada il benpensante che finalmente vede che “lo Stato è presente”, ma non sa che durerà poco, lo spazio di due tg, che pur volendo non potresti mantenere un controllo sì capillare, che non serve, da solo, e forse è pure dannoso, da solo. La cultura è un’altra cosa.
È un rapporto con la natura e l’ambiente. È quindi la presenza sui territori di persone di buona volontà. Presenza di uno sguardo nuovo. No, non si tratta di parlare di “valori nuovi” in luogo di quelli della sopraffazione né di intervenire tirannicamente sulla lingua, su quel terreno perdi.
La lingua e i valori che attecchiscono su certi ragazzi sono potenti, possono farci orrore o meno ma hanno una loro forza, edificano un mondo appetibile, che affascina, penetra menti e corpi, altro che le chiacchiere sulla legalità! Solo un’altra forza, spregiudicata, immoralistica, erotica, può reggere il confronto. Quella della passione.
Guardate, non sto parlando del nulla. C’è già all’opera tanta gente appassionata, che agisce in silenzio, non riceve – meglio così – riconoscimenti. Non è vero che nulla si fa, che è solo merda. No. Non ci fosse chi si sporca le mani, senza attendere i blitz meloniani (ma dove stanno gli intellettuali di destra, quelli della Kultur, sulle orme di Celine, Borges, Bloy?) o le chiacchiere del politico progressista (dove sono finiti i francofortesi, i marcusiani o quelli che citano Pasolini sui social, quelli che mettono la foto di Don Milani?), staremmo molto ma molto peggio. Si, molto peggio. Sprofonderemmo