Gabriele Germani

Una delle prese di coscienza con cui l’Europa dovrà venire a patti nei prossimi anni è che non sarà il luogo conteso della nuova Guerra Fredda che si va delineando.

Europa periferia del mondo

Da sempre abituati a sentirsi al centro dei pensieri di tutti, o come colonizzatori o come luogo di scontro, gli europei dovranno presto cambiare visione del mondo.

Nel Pacifico le cose corrono veloci.

Gli USA vogliono mantenere saldo il controllo sulla prima fascia di isole che copre il Mar Cinese (Giappone, Filippine, Taiwan, Guam) e contano due alleati strategici parte dei Big Five (USA, Canada, Uk, Australia, Nuova Zelanda). La Corea del Sud è alleato strategico e anche il Vietnam si è fatto tirare dentro (vietnamiti e cinesi non hanno buoni rapporti per vecchi rancori; l’egemonia cinese in Indocina non sempre fu gradita ai vietnamiti che a loro volta tentavano di essere gli egemoni locali).

L’India non vuole farsi tirare dentro in una competizione militare con la Cina (di cui ora non avrebbe neanche lontanamente il potenziale), ma cerca di portarla sugli affari, la competizione commerciale e la corsa allo Spazio (i cinesi non riconoscono la conquista indiana del Polo Sud lunare, troppo lontano dicono; gli indiani non vogliono comprare il petrolio russo in yuan).

Tutta una serie di isolotti e atolli rischiano di scomparire per via dell’innalzamento dei mari (Kiribati ha gli anni contati).

La competizione si sposta sugli impianti 5G e servizi internet più in generale (Huawei è il paria dell’Occidente, accusato di fare spionaggio per conto della Repubblica Popolare).

L’Australia ha espulso le aziende cinesi dalla partita delle telecomunicazioni e cerca di fare altrettanto in tutta l’Oceania (con esiti alterni).

Le cose sono più combattute in Africa (questo dovrebbe farci riflettere su alcuni dei recenti colpi di Stato), qui i prestiti cinesi sono passati da oltre 28 miliardi di dollari nel 2016 a 2 miliardi odierni (e sappiamo che non se ne sono avvantaggiati i francesi.

L’Oceania è la partita più interessante (va ricordato che i cinesi programmano un nuovo canale, parallelo a quello di Panama, in Nicaragua). Per arrivare in America Latina, dove investimenti e prestiti cinesi si stanno facendo strada e dove ci sono una serie di governi amici (Venezuela, Cuba, Nicaragua, Brasile) è necessario attraversare il Pacifico, che con buona pace di qualche accordo occasionale, rimane un lago USA (o alleati: Nuova Zelanda, Australia e Francia con la Polinesia Francese).

La Cina deve trovare un modo per inserire nel proprio circuito economico (militare sembra improbabile) questi staterelli insulari, seppur dal punto di vista del mercato interno siano inconsistenti (ma non sottovalutiamo la questione mineraria di queste isole vulcaniche).

Anche qui l’India fa capolino, ad esempio le Isole Figi hanno un recente passato burrascoso per la lotta tra indo-figiani (arrivati con l’Impero Britannico) e resto della popolazione, che si sente discriminata dai primi. Man a mano che gli anni passeranno, è probabile che Nuova Delhi punti a trasformare le varie comunità di esuli nel mondo in propaggini politico-economiche.

Si arriva qui a una grande differenze strategica tra indiani e cinesi: i primi tendono a cercare di entrare a far parte della classe dirigente dei paesi che li ospita, i secondi tentano di sviluppare un voluminoso scambio commerciale con la madrepatria (pensate a quinti leader di origini indiani abbiamo avuto in Occidente e quanti di origine cinese e avrete una prima risposta).

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Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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