Animali lanciati dagli operatori, incastrati nelle mangiatoie o con ferite aperte e sanguinanti. E ancora, bruciature a petto e zampe, disturbi neurologici e decine di carcasse abbandonate a decomporsi. Sono solo alcune delle macabre circostanze documentate in quattro allevamenti di polli di un fornitore del marchio del fast-food KFC Italia. L’inchiesta, condotta dall’organizzazione Essere Animali, conferma ancora una volta quanto il benessere degli animali sia tutt’altro che una priorità per gli allevatori industriali. Peraltro, tra il 2022 e il 2023 KFC ha fatto segnare un peggioramento su diversi parametri importanti, compresa la densità di allevamento e la presenza di lesioni sulle zampe dei polli. Ciononostante, l’azienda ancora non sembra intenzionata a sottoscrivere un qualche tipo di impegno finalizzato a garantire un maggiore benessere degli animali destinati ai suoi consumatori.
Secondo quanto attestato dall’inchiesta di Essere Animali su KFC – catena diffusa in oltre 115 Paesi con un network di 18 mila ristoranti e 8 milioni di clienti al giorno –, a causa del veloce accrescimento dovuto alla selezione genetica, all’interno degli allevamenti “in soli 40 giorni i polli raggiungono il peso di macellazione”, condizione che provoca “gravi problematiche agli animali”. Vengono infatti compromesse le loro ossa e i loro muscoli, oltre agli organi interni. L’organizzazione sottolinea inoltre come, al termine di ogni ciclo produttivo, “ogni animale può arrivare ad avere a disposizione lo spazio vitale grande a malapena come un foglio A4”. Nei filmati pubblicati, si possono osservare decine di polli in agonia abbandonati al loro destino, altri lanciati per terra o schiacciati dagli operatori. Alcuni, già morti, vengono lasciati a marcire in stato di decomposizione, con forti rischi per la biosicurezza. Come riportato da Essere Animali, il desolante quadro inerente le politiche di KFC è stato ben delineato dal report The Pecking Order 2023, che anno per anno traccia un bilancio su come le grandi catene di ristoranti e fast food affrontano le condizioni di vita dei polli allevati nelle loro filiere rispetto a quanto richiesto dallo European Chicken Commitment. Quest’ultima è una piattaforma supportata da circa 40 ONG europee che chiede alle aziende di eliminare le principali cause di sofferenza dei polli da carne e il passaggio a razze a lento accrescimento. I risultati del rapporto mostrano infatti una significativa regressione dei progressi fatti rispetto a TPO 2022, nonché una forte disomogeneità tra le pratiche attuate nei diversi Paesi in cui la catena è presente. KFC si è infatti impegnato a rispettare l’ECC in Francia e Germania, mentre tale impegno è stato completamente disatteso in Spagna, Polonia, Romania e Italia. Nel caso del nostro Paese, si assiste a un crollo di numerosissimi parametri, tra cui spicca la percentuale di polli storditi in maniera efficace in sistemi a gas, diminuita dal 57,85% al 25,03%, e la percentuale di polli allevati con densità inferiori a 30 kg/m2, che è scesa addirittura a 0.
“KFC dichiara che un cibo di buona qualità parte dal garantire standard maggiormente rispettosi del benessere animale in allevamento, ma l’azienda non si è ancora impegnata a sottoscrivere lo European Chicken Commitment ed eliminare le principali cause di sofferenza per i polli allevati dai loro fornitori”, ha scritto Essere Animali all’interno di una petizione lanciata alla fine del 2023 per chiedere il miglioramento delle condizioni degli animali negli allevamenti. “Una percentuale significativa di polli da carne allevati in condizioni intensive soffre abitualmente di problemi alle zampe, zoppie, problematiche cutanee dolorose e morti premature, oltre che a casi di malattie cardiovascolari e altri problemi di salute, principalmente attribuibili all’uso di razze a rapida crescita, alle condizioni di sovraffollamento e ad altri fattori di gestione”. Secondo l’organizzazione, si tratta di “una minaccia” non soltanto alla salute e al benessere dei polli, ma anche alla salute umana, “poiché le razze a crescita rapida richiedono generalmente più antibiotici di quelle a crescita più lenta”. Per questi motivi, dunque, viene chiesto a KFC Italia “di intervenire e collaborare, come già avvenuto in diversi Paesi europei tra cui Francia e Germania, sottoscrivendo l’impegno dello European Chicken Commitment”. Fino ad ora, hanno sottoscritto la petizione oltre 21mila persone.
[di Stefano Baudino]