È terminata con l’irruzione della polizia nel campus e con decine di arresti l’occupazione della Columbia University, l’università di New York dove da giorni proseguono le proteste studentesche a favore della Palestina. L’intervento delle forze dell’ordine è stato richiesto dal campus stesso, dopo che, nella giornata del 30 aprile, gli studenti erano riusciti a occupare Hamilton Hall, sede del Rettorato. Per capirsi, un evento che non si verificava dalle proteste del 1968 contro la guerra in Vietnam quando, proprio nella data del 30 aprile, le forze dell’ordine arrestarono oltre 700 studenti. Nel prendere possesso degli spazi, gli studenti hanno dichiarato che gli edifici del rettorato sarebbero stati da quel momento rinominati Hind’s Hall, in memoria di Hind Rajab, una bambina di 6 anni brutalmente uccisa insieme alla sua famiglia dalle forze militari israeliane a Gaza, circa due mesi fa. Dal 19 aprile scorso, inoltre, decine di universitari avevano piantato delle tende in alcuni dei prati esterni al campus, esponendo bandiere palestinesi e cartelloni di solidarietà con il popolo di Gaza. L’occupazione era poi stata sgomberata violentemente dalla polizia.

«L’occupazione di Hamilton Hall e i continui accampamenti sollevano seri problemi di sicurezza per le persone coinvolte e per l’intera comunità» ha scritto la rettrice dell’Università, Minouche Shafik, nella lettera con la quale, il 30 aprile, ha richiesto l’intervento della polizia di New York affinchè gli spazi fossero sgomberati. «Gli eventi della scorsa notte non ci hanno lasciato altra scelta. Con il sostegno degli Amministratori dell’Università, ho stabilito che l’occupazione dell’edificio, gli accampamenti e le relative interruzioni rappresentano un chiaro e attuale pericolo per le persone, le proprietà e il funzionamento sostanziale dell’Università e richiedono l’uso dell’autorità di emergenza per proteggere persone e proprietà». Così, numerosi agenti in tenuta antisommossa hanno fatto irruzione nell’edificio, la notte scorsa, arrestando decine di studenti barricati all’interno. La richiesta della rettrice è stata inoltre che la polizia rimanesse in maniera permanente nel campus almeno per le prossime due settimane, fino al 17 maggio, «per mantenere l’ordine e garantire che gli accampamenti non si ricostituiscano».

«Tanto per essere chiari», sottolineano gli studenti, «la Columbia University ha chiamato la polizia contro i propri studenti per la seconda volta in due settimane, nel 56° anniversario di quando fu chiesto alle forze dell’ordine di intervenire nel campus l’ultima volta per arrestare più di 700 tra coloro che protestavano contro la guerra in Vietnam e la gentrificazione di Harlem, il 30 aprile 1968». Nei video diffusi dai collettivi si vedono chiaramente gli agenti intervenire in modo violento, spintonando gli studenti e trascinandoli a terra e utilizzando i taser prima di arrestarli.

Proprio le proteste alla Columbia University sono state il motore, nei giorni scorsi, per una serie di cortei e sit-in di studenti nelle facoltà di tutti gli Stati Uniti. Le richieste sono le medesime ovunque: la fine del sostegno al regime israeliano e dell’aggressione militare a Gaza, giunta ormai quasi al suo sesto mese. Arresti di massa, lacrimogeni, taser e sospensioni non sono riusciti a fermare la rabbia degli studenti, che stanno dando vita a una delle proteste più intense nella memoria degli USA. Da Atlanta a Cambridge, passando per Austin, Los Angeles, Boston e New Haven, sono decine le facoltà coinvolte e ormai oltre un migliaio gli studenti arrestati (e in parte rilasciati). E nonostante ciò, gli universitari non sembrano disposti a fermarsi.

[di Valeria Casolaro]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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