Alessandro Ferretti

Il silenzio sui crimini israeliani – coperto dal fantomatico “diritto alla difesa” – è il tassello fondamentale del mosaico di responsabilità che ne consente la prosecuzione e l’escalation.

Il diritto alla difesa di Israele?

Israele da sempre usa una tattica per minimizzare le reazioni ai suoi crimini: ne commette molti simultaneamente, in modo da ridurre l’attenzione disponibile per ciascuno.

Nell’ultima settimana, oltre ai consueti massacri che hanno ammazzato centinaia di persone e demolito centinaia di case, scuole etc, oltre all’ennesima evacuazione di massa intimata a centinaia di migliaia di palestinesi deliberatamente affamati e assetati, l’IDF:

  • ha fatto saltare in aria un grande serbatoio di acqua potabile a Gaza proprio mentre il virus della polio ha fatto la sua comparsa nell’acqua di Gaza. Il virus della polio si trasmette proprio grazie all’acqua inquinata.
  • centinaia di suoi soldati, coloni e parlamentari della maggioranza di governo (Likud incluso) hanno rivendicato come legittimo lo stupro a scopo di tortura da parte di soldati israeliani nei confronti di prigionieri palestinesi, invadendo la corte militare israeliana senza trovare alcuna resistenza.
  • ha ucciso Isma’il Haniyeh, l’uomo che negoziava da mesi con loro un cessate il fuoco
  • ha deliberatamente ucciso il notissimo giornalista di Al Jazeera Ismail al-Ghoul e il suo cameraman Rami al-Rifi che raccontavano la storia dell’uomo appena assassinato. Il corpo di al-Ghoul è stato decapitato dall’esplosione.

In particolare, sull’ultimo crimine, penso che sia doveroso notare che praticamente nessuno tra le migliaia di giornalisti italiani si è preso la briga di esprimere in qualche modo, anche solo a livello personale, qualche forma di commozione, solidarietà o indignazione per l’ennesimo episodio della spaventosa mattanza dei loro colleghi palestinesi.

Questo silenzio è, ogni giorno che passa, sempre più rumoroso. Di fronte alla decapitazione di al-Ghoul è diventato assordante e insopportabile. Delle due, una: o ai giornalisti nostrani non frega assolutamente nulla del massacro dei loro colleghi, oppure hanno paura di esporsi. Ma chi ha paura di esporsi semplicemente non è un giornalista, perché tradisce il requisito numero uno di un giornalista che è il coraggio morale e materiale di scrivere cose scomode per chi è al potere.

Non sono questioni di poco conto: il silenzio sui crimini israeliani è il tassello fondamentale del mosaico di responsabilità che ne consente la prosecuzione e l’escalation.

La responsabilità della massa di giornalisti asserviti al potere è gigantesca e per questo la storia non farà loro nessuno sconto, riconoscendo la loro organica complicità nel consentire la commissione del peggiori crimini perpetrati dall’Occidente in piena luce del sole

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy