Il social network TikTok avrebbe accettato “off the record” (ovvero in via confidenziale) di applicare le medesime restrizioni alle critiche nei confronti del governo israeliano già applicate da Meta lo scorso luglio. In particolare, il social potrebbe introdurre il divieto, in una lunga serie di casi, di utilizzare la parola “sionismo”. A riferirlo è Tal-Or Cohen, capo del gruppo di CyberWell, piattaforma israeliana di monitoraggio dell’antisemitismo. CyberWell contribuisce in maniera diretta alla raccolta di informazioni e alla veicolazione di propaganda del governo israeliano e fa parte di un’ampia rete di organizzazioni che comprende, tra le altre, Keshet David, Institute for the Study of Global Antisemitism and Policy, Voices of Israel e Kela-Shlomo.
Durante un’intervista con la consulente politica canadese Warren Kinsella, l’amministratore delegato di CyberWell ha detto che TikTok e altre piattaforme digitali seguiranno presto la decisione adottata da Meta lo scorso 9 luglio, proibendo l’utilizzo della parola “sionismo” in una serie di casi. Durante l’intervista, Cohen ha detto: «Siamo anche un partner di fiducia di TikTok, il quale ci ha assicurato, in via ufficiosa, che la loro politica è la stessa. Significa che tratterebbero il sionismo allo stesso modo. Quindi mi aspetto che nei prossimi giorni vedrete effettivamente dichiarazioni al riguardo. A verbale, posso dirvi che siamo stati rassicurati da TikTok che stanno esaminando questa dichiarazione di Meta e che intendono fornire presto chiarimenti al pubblico in merito».
Lo scorso 9 luglio, Meta ha aggiornato la sua Policy in riferimento all’utilizzo del termine “sionismo”. Nella pagina in cui spiegano le motivazioni che hanno portato la piattaforma digitale a mettere tutta una serie di limitazioni all’utilizzo del termine, viene detto che non è consentito «alle persone di attaccarne altre […] sulla base delle loro caratteristiche protette, come la nazionalità, la razza o la religione», sebbene il “sionismo” non rientri in nessuna delle tre «caratteristiche protette». La stessa Meta specifica infatti che con il termine “sionismo” si fa riferimento a un credo politico, una ideologia – ovver qualcosa che non rientra tra le categorie protette dalla policy dell’azienda. Per giustificare la propria decisione, Meta scrive che «Questo termine si riferisce spesso ai sostenitori di un movimento politico, che non è una caratteristica protetta ai sensi delle nostre normative ma, in alcuni casi, potrebbe essere usato come indice per fare riferimento alle persone ebree o israeliane, che sono caratteristiche protette ai sensi della normativa in materia di incitamento all’odio».
«Sappiamo che non esiste un consenso globale su quello che intendono le persone quando usano il termine “sionismo”», riporta l’azienda. Tuttavia, il termine ha una definizione molto precisa: con “sionismo” si identifica infatti l’ideologia nazionalista sorta sul finire dell’Ottocento che ha giustificato, promosso e attuato la colonizzazione della Palestina, con lo scopo di formare uno Stato etnico-religioso ad esclusivo consumo ed utilizzo degli ebrei provenienti da varie parti del mondo, specialmente dall’Europa. Nella sua giustificativa, Meta scrive: «A volte qualcuno critica altre persone usando parole che non sono riferimenti espliciti alle caratteristiche protette ma sono comunemente intese come tali per associazione». CyberWell ha accolto con favore il riconoscimento da parte di Meta del fatto che «attaccare i “sionisti” è simile ad attaccare gli “ebrei”». Tuttavia, è un fatto che molti ebrei che non si riconoscano nel sionismo e nello Stato d’Israele, rifiutandone l’ideologia. Suggerire che il termine “sionista” sia sinonimo di “ebreo” è quindi del tutto errato.
CyberWell, che si dice essere partner di fiducia di Meta (come di altri social network e piattaforme digitali) è un’organizzazione no-profit. Essa è parte della galassia di organizzazioni israeliane impegnate a fare propaganda sionista utilizzando la giustificazione della lotta all’antisemitismo online. CyberWell, proprio come altre organizzazioni della rete informatica e mediatica israeliana (quali Institute for the Study of Global Antisemitism and Policy, Voices of Israel e Kela-Shlomo), è impegnata nella lotta contro i movimenti pro-Palestina e la campagna BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni, che intende boicottare Israele tramite iniziative dal basso). Il governo israeliano sfrutta infatti, sotto la supervisione del ministero degli Affari Strategici, una molteplicità di organizzazioni private (che non devono seguire le regole democratiche proprie delle istituzioni pubbliche) per raccogliere informazioni e portare avanti una vera e propria campagna di propaganda pro-israeliana, definita come “attività di coscienza di massa”, nell’ambito di ciò che chiama “discorso extra-governativo”. Insomma, i social network e le piattaforma digitali si piegano al volere delle organizzazioni sioniste e del programma israeliano.
[di Michele Manfrin]