Un agente di polizia penitenziaria del carcere minorile di Torino, accusato di aver pestato un detenuto 18enne nell’ottobre del 2023, in seguito a una serie di disordini scoppiati all’interno della casa circondariale piemontese, è uno dei primi pubblici ufficiali “graziati” dalla Legge Nordio, con cui è stato abolito l’abuso d’ufficio. Poiché la vittima del pestaggio non aveva sporto querela, non è stato possibile procedere per lesioni, perseguibili d’ufficio solo oltre i 40 giorni di prognosi. Il pubblico ministero aveva quindi deciso di chiedere per l’uomo il rinvio a giudizio con l’accusa di abuso d’ufficio. Ma dallo scorso 25 agosto, data in cui è entrata in vigore la Legge Nordio, quella fattispecie di reato non figura più all’interno del codice penale. Così, sebbene i filmati delle telecamere abbiano ripreso tutto, inchiodando l’agente penitenziario, venerdì scorso, in sede di udienza preliminare, il gup ha dovuto pronunciare per lui sentenza di non luogo a procedere.
L’agente, a seguito delle rivolte che avevano interessato il carcere minorile Ferrante Aporti di Torino, aveva prima tirato una testata e poi uno schiaffo molto violento a un giovane detenuto di 18 anni di origini marocchine, che decise – forse per timore di eventuali ripercussioni – di non denunciare il fatto. A confermarlo sono le immagini di sicurezza delle telecamere interne all’istituto, che hanno ripreso la scena. Tuttavia, dopo le modifiche introdotte dal dl Nordio, per i magistrati non è più possibile procedere in casi come questo. L’abuso d’ufficio era infatti quel reato (art. 323 del Codice Penale) che permetteva di sanzionare «un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle sue funzioni, compie un atto in violazione di leggi o regolamenti, con l’intenzione di procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale oppure di arrecare ad altri un danno ingiusto». Con l’introduzione del cosiddetto “ddl Nordio”, dal nome del ministro della Giustizia, il reato è stato di fatto abolito. Sempre il ministro Nordio ha fatto sapere, all’inizio dell’anno, di avere intenzione di mettere mano anche al reato di tortura per adeguarlo «ai requisiti previsti dalla Convenzione di New York», mossa che l’associazione per la tutela dei detenuti Antigone ha definito una «truffa delle etichette», denunciando il rischio che vengano sospesi i procedimenti in corso.
Sono oltre 3.600 le persone riconosciute colpevoli di aver commesso reato di abuso d’ufficio, a partire dal 1997. Dallo scorso 25 agosto, data di entrata in vigore del provvedimento, queste potranno chiedere la revoca della condanna. In questo modo, in casi come quello di Torino, sarà sempre più difficile tutelare i detenuti dai comportamenti violenti e perseguire legalmente gli agenti che li mettono in atto.
[di Valeria Casolaro]