Gli attacchi contro dispositivi di comunicazione in Libano, attribuiti a Israele, hanno causato decine di morti e migliaia di feriti. Violazioni delle leggi internazionali di guerra e tensioni crescenti con Hezbollah rischiano di innescare un’escalation nel conflitto mediorientale.

Il conflitto tra il governo sionista israeliano e Hezbollah (più correttamente Ḥizb Allāh, ovvero “Partito di Dio”) in Libano è uno degli episodi più complessi e sanguinosi del conflitto mediorientale, caratterizzato da decenni di tensioni, guerre e violenze. Negli ultimi mesi, la situazione ha subito un’escalation che ha portato a nuovi attacchi incrociati, esplosioni e vittime civili. In particolare, vogliamo soffermarci sugli ultimi sviluppi degli attacchi che hanno colpito il Libano, prendendo come bersaglio i dispositivi di comunicazione, e come queste azioni siano state interpretate alla luce del diritto internazionale.

Nella settimana corrente, il Libano (e in alcuni casi anche la Siria) è stato scosso da una serie di esplosioni che hanno coinvolto dispositivi di comunicazione wireless, come cercapersone e walkie-talkie. Questi attacchi, che hanno provocato la morte di almeno 32 persone e migliaia di feriti, sono stati ampiamente attribuiti a operazioni condotte da Israele, sebbene il governo israeliano non abbia ancora commentato ufficialmente l’accaduto.

Gli attacchi sono avvenuti in due ondate tra martedì e mercoledì, colpendo diverse aree del Libano e generando il caos tra la popolazione civile. Ospedali, edifici residenziali e persino negozi sono stati devastati dalle esplosioni, che hanno causato il panico tra i cittadini e messo sotto pressione le già fragili strutture sanitarie del Paese, che tra l’altro vive anche una situazione politica interna altamente instabile da diversi anni.

Hezbollah, uno dei principali partiti politici libanesi che dispone anche di milizie armate nate proprio per difendere il Paese dei cedri dagli attacchi dei sionisti israeliani, ha immediatamente incolpato il governo di Tel Aviv per gli attacchi, descrivendoli come una violazione della sovranità del Libano e un atto di terrorismo. Il gruppo, per bocca del leader Hasan Nasr Allah, ha dichiarato che Israele “riceverà la sua giusta punizione” per questi atti.

La leadership di Hezbollah, guidata appunto da Nasr Allah, ha denunciato gli attacchi come una “dichiarazione di guerra” da parte di Israele e ha promesso ritorsioni. Tuttavia, come in altre occasioni, è chiaro che sia Hezbollah che i suoi alleati, compreso l’Iran, preferiscono evitare un’escalation che potrebbe portare a una guerra su vasta scala. Il rischio, tuttavia, è che l’enorme pressione interna e le crescenti richieste di vendetta da parte della base di Hezbollah possano costringere il gruppo a rispondere in modo significativo.

Secondo diversi esperti di diritto internazionale, questi attacchi possono essere considerati una violazione delle leggi di guerra, in particolare delle norme umanitarie che proibiscono attacchi indiscriminati o sproporzionati. Il diritto internazionale umanitario stabilisce che gli attacchi devono essere diretti solo a obiettivi militari legittimi e devono cercare di minimizzare i danni ai civili. Tuttavia, le esplosioni avvenute in luoghi pubblici, come negozi di alimentari e barberie, suggeriscono che questi attacchi non siano stati condotti con tale distinzione, ma che anzi siano stati pensati con il fine di causare il maggior numero di vittime possibile e di seminare il panico tra la popolazione, un modo di agire tipico dei gruppi terroristici.

Sarah Leah Whitson, avvocato e direttrice del gruppo per i diritti umani DAWN, ha sottolineato come i dispositivi trappola, specialmente quelli di uso civile come cercapersone e telefoni cellulari, violino esplicitamente il diritto internazionale. “Non si dovrebbero minare oggetti che i civili sono propensi a raccogliere e utilizzare“, ha affermato Whitson, intervistata da Al Jazeera, aggiungendo che il devastante bilancio delle vittime in Libano dimostra quanto siano stati indiscriminati questi attacchi.

Un altro punto cruciale sollevato dagli esperti, come anticipato, è la mancanza di proporzionalità degli attacchi. La nozione di proporzionalità nel diritto internazionale umanitario implica che qualsiasi danno causato ai civili non deve essere eccessivo rispetto al vantaggio militare concreto e diretto che si spera di ottenere. Nel caso degli attacchi in Libano, è difficile giustificare come queste esplosioni abbiano rispettato tale principio, considerando che molti degli obiettivi erano civili, tra cui anche bambini e medici.

Gli attacchi recenti hanno colpito anche membri di Hezbollah che non sono coinvolti nelle operazioni militari, come un medico che lavorava in un ospedale collegato a organizzazioni caritatevoli associate al gruppo. Questo ha ulteriormente complicato la questione, poiché il diritto internazionale richiede che i civili, inclusi i lavoratori delle organizzazioni sociali e umanitarie, non siano considerati obiettivi legittimi, a meno che non siano direttamente coinvolti in operazioni militari.

A beneficio del lettore, dobbiamo infatti ricordare che Hezbollah, sebbene abbia un’ala militare attiva in conflitto con Israele da decenni, ha anche una vasta rete di organizzazioni sociali e caritatevoli che forniscono servizi essenziali alla popolazione libanese, specialmente nelle aree più povere. Inoltre, si tratta del partito politico libanese che gode del maggior sostegno popolare, avendo sfiorato quasi il 20% delle preferenze alle elezioni del 20222. Questi sono aspetti che spesso vengono tralasciati dai media occidentali, che tendono a mostrare solo l’aspetto militare di Hezbollah.

Oltre alle questioni riguardanti i due Paesi coinvolti, l’escalation degli attacchi in Libano ha implicazioni che vanno oltre i confini del Paese. Il conflitto tra Hezbollah e Israele è strettamente legato alla più ampia dinamica regionale, che coinvolge attori come l’Iran, la Siria, la Palestina e altri Paesi mediorientale, in momento in cui la tensione si trova già ai massimi livelli a causa del genocidio del popolo palestinese portato avanti da Israele nella Striscia di Gaza.

Infine, la crisi umanitaria che si sta sviluppando in Libano rischia di aggravare ulteriormente la situazione già fragile del paese, che affronta una delle peggiori crisi politiche ed economiche della sua storia. L’inflazione galoppante, la carenza di beni essenziali e un sistema politico corrotto hanno lasciato milioni di libanesi in condizioni di estrema povertà, aggravando le tensioni sociali, mentre da due anni il Paese non riesce ad eleggere un presidente a causa della grande frammentazione tra gruppi etnico-religiosi.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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