Alexandro Sabetti

Il problema strutturale della società attuale è l’emarginazione o cancellazione della politica: il mondo globalizzato non richiede più una gestione basata sul confronto democratico, ma solo l’applicazione di potere in forme nuove e più sottili.

L’emarginazione e la cancellazione della politica

Nel mondo contemporaneo, uno dei problemi strutturali più profondi è la progressiva marginalizzazione, se non la cancellazione, della politica.

Il termine stesso “politica” deriva dal greco polis, che originariamente indicava la città-stato, e successivamente, entità più ampie e complesse, ma sempre ben definite da confini geografici e culturali.

Questo legame tra politica e organizzazione statale, con i suoi limiti precisi, è stato radicalmente trasformato dall’ascesa di potenze sovranazionali come gli imperi e, più recentemente, dalla globalizzazione.

Questi attori non necessitano della politica come la intendevano i greci. Gli imperi si reggevano principalmente sulla forza militare ed economica, mentre la globalizzazione si basa sulla finanza, i media e la tecnologia.

L’essenza della polis, e quindi della politica, viene così svuotata, ridotta a un ruolo marginale. Il mondo globalizzato, infatti, non richiede più una gestione politica basata sul confronto democratico, ma solo l’applicazione di potere in forme nuove e più sottili.

La politica come disciplina

Politica, tuttavia, non è solo la gestione di uno Stato: è anche una disciplina che studia e teorizza i modi per organizzare e amministrare le società. Essere una disciplina implica rigore, competenza e preparazione. Richiede un processo di formazione e controllo che oggi sembra essere fuori moda.

Oggi, il valore predominante è la “libertà” intesa come un diritto individuale e assoluto, celebrato sia dalla destra liberista che dalla sinistra radicale. La libertà diventa così non una responsabilità collettiva, ma una giustificazione all’individualismo più sfrenato, legittimando l’ignoranza, la superficialità e la disconnessione sociale.

L’articolo 49 della Costituzione italiana afferma che “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.” Tuttavia, dal colpo di stato liberista degli anni ’90, che ha introdotto riforme elettorali incostituzionali e ha avviato la devoluzione della sovranità italiana verso la Banca Centrale Europea e la Commissione Europea, i partiti politici hanno perso la loro funzione originaria.

Non sono più strumenti di aggregazione ideologica per tradurre visioni del mondo in azioni politiche, ma club personali fondati da celebrity annoiate e convinte che il successo economico privato coincida con la virtù pubblica.

La liberalizzazione della politica

Questa trasformazione ha liberalizzato la politica, rendendola accessibile a chiunque, indipendentemente dalla preparazione o dall’esperienza. Certamente, nessuno dovrebbe essere escluso dal diventare un politico, nemmeno economisti di Goldman Sachs o comici di professione.

Tuttavia, come ogni disciplina, la politica richiede un percorso di formazione e competenze pratiche, proprio come avviene per medici, musicisti, sportivi o cuochi. Senza una formazione adeguata, il rischio è quello di portare al potere individui incompetenti, le cui soluzioni improvvisate e superficiali vengono mascherate dall’uso massiccio della propaganda mediatica.

Questo processo ha generato un vuoto ideologico, in cui la politica è stata svuotata di idee, moralità e cultura. Invece di rappresentare un’arena di dibattito collettivo, la politica è diventata uno strumento al servizio dell’egoismo individuale e dell’edonismo, alimentati dalla pubblicità e dai media. La progressiva scomparsa di partiti politici autentici, radicati in ideologie forti, è segno di un declino del pensiero politico come disciplina.

Ripoliticizzare la libertà

Per rispondere a questa crisi, sarebbe necessario ripoliticizzare nuovamente la libertà, rendendola un valore collettivo e una responsabilità condivisa. La libertà non può essere concepita solo come un diritto individualistico e assoluto, ma deve tornare a essere un principio che tiene insieme la società, che la orienta verso il bene comune.

Solo così si potrà contrastare l’incompetenza al potere e il predominio della propaganda mediatica, restituendo alla politica la sua dignità di disciplina e alla libertà il suo vero significato

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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