Non è da esclu­de­re, anco­ra oggi, che in cor­teo o in qual­si­vo­glia mani­fe­sta­zio­ne di piaz­za spun­ti da qual­che par­te una ban­die­ra di Demo­cra­zia pro­le­ta­ria (Dp). Uno dei sim­bo­li for­se più pos­sen­ti nel­la sto­ria del movi­men­to ope­ra­io in Ita­lia: pugno chiu­so su fal­ce e mar­tel­lo e glo­bo. Un con­tras­se­gno che sin­te­tiz­za una sto­ria che quel par­ti­to, esi­sti­to dal 1978 al 1991, ave­va inte­so rac­co­glie­re e, comun­que, ten­ta­to di testi­mo­nia­re e rap­pre­sen­ta­re in seno alle isti­tu­zio­ni.

Una sto­ria qui det­ta­glia­ta­men­te rico­strui­ta e, per quan­to arti­co­la­ta e non di imme­dia­ta com­pren­sio­ne fuo­ri dall’ambiente dei suoi pro­ta­go­ni­sti, testi­mo­ni e stu­dio­si, posta in modo divul­ga­ti­vo ed acces­si­bi­le a chiun­que voglia appro­fon­di­re sul­la mate­ria. L’Autore è Wil­liam Gam­bet­ta, che pro­prio con Dp ave­va approc­cia­to alla mili­tan­za par­ti­ti­ca, oggi atti­vi­sta poli­ti­co – cul­tu­ra­le, cat­te­dra­ti­co pres­so le uni­ver­si­tà di Par­ma, Mode­na e Reg­gio Emi­lia, tra i prin­ci­pa­li ricer­ca­to­ri del Cen­tro stu­di movi­men­ti di Par­ma e redat­to­re del­la rivi­sta “Zapru­der”. Real­tà ed isti­tu­ti tra i più atti­vi e deter­mi­nan­ti nel­la ricer­ca, spe­cial­men­te per il ver­san­te con­tem­po­ra­nei­sta, sul­la piaz­za ades­so in Ita­lia.

Il testo è usci­to per la pri­ma vol­ta nel 2010, cioè poli­ti­ca­men­te par­lan­do in un altro mon­do, susci­tan­do già ai tem­pi inte­res­se e dibat­ti­ti. Que­sta ne è, sostan­zial­men­te, una ristam­pa, anche se, pro­prio in vir­tù dei muta­men­ti gene­ra­li del pre­sen­te, che ine­vi­ta­bil­men­te com­por­ta­no le ride­fi­ni­zio­ni del pas­sa­to, ogni ristam­pa è intrin­se­ca­men­te una rie­di­zio­ne.

A gran­di linee, la fac­cen­da qui riper­cor­sa è que­sta: dopo il Ses­san­tot­to si avver­ti­va da più par­ti del mon­do poli­ti­co in agi­ta­zio­ne e del­le per­so­na­li­tà intel­let­tua­li che vi face­va­no rife­ri­men­to la neces­si­tà di dotar­si di un sog­get­to poli­ti­co che fos­se il più uni­ta­rio pos­si­bi­le, in gra­do di coglie­re i fer­men­ti pre­sen­ti nel­la socie­tà, riser­van­do­gli uno spa­zio elet­to­ra­le in indi­pen­den­za, auto­no­mia o, ad ogni modo, in con­cor­ren­za, più o meno dia­lo­gan­te e costrut­ti­va, con la Sini­stra sto­ri­ca, in buo­na sostan­za cioè con il Pci.

Il pri­mo momen­to cru­cia­le è dato dal­le Ele­zio­ni poli­ti­che del 1972, le pri­me anti­ci­pa­te dell’Italia repub­bli­ca­na, in cui quel­la che veni­va ormai defi­ni­ta Nuo­va sini­stra si era pre­sen­ta­ta in ordi­ne spar­so, sen­za otte­ne­re rap­pre­sen­tan­ze. Par­ti­co­lar­men­te cocen­te a riguar­do il flop de Il Mani­fe­sto. Nes­sun rap­pre­sen­tan­te anche per il Par­ti­to socia­li­sta ita­lia­no di uni­tà pro­le­ta­ria (Psiup), Fal­ce e mar­tel­lo su glo­bo, che, ad otto anni dal­la sua fon­da­zio­ne, implo­de­va e si scio­glie­va, indub­bia­men­te a segui­to di que­sta cir­co­stan­za. Sareb­be sta­to pro­prio l’incontro tra figu­re sto­ri­che del Psiup con­tra­rie alla con­fluen­za nel Pci e nel Psi, ed il grup­po de Il Mani­fe­sto, assie­me ad altri figu­re emer­se dal­la Con­te­sta­zio­ne, a dar vita in quel­lo stes­so anno al Par­ti­to d’unità pro­le­ta­ria (Pdup), ripren­den­do il sim­bo­lo Psiup, poi, nel 1974, Pdup per il comu­ni­smo (Pdup-pc).

Alle ammi­ni­stra­ti­ve del 1975, seb­be­ne con una divi­sio­ne in base ai col­le­gi, c’è un pri­mo ten­ta­ti­vo uni­ta­rio. Debut­ta il nome, oltre che di Demo­cra­zia ope­ra­ia, quel­lo di Demo­cra­zia pro­le­ta­ria, ter­mi­ne in ipo­te­si sin dall’inizio di que­sta sto­ria ma fin lì scar­ta­to per­ché nel sen­ti­re comu­ne il sog­get­to demo­cra­zia era asso­cia­to all’aggettivazione cri­stia­na. Il sim­bo­lo è pugno chiu­so su fal­ce e tena­glie. La tor­na­ta rap­pre­sen­ta di fat­to il mas­si­mo sto­ri­co in ter­mi­ni di per­cen­tua­li per la Nuo­va sini­stra. Si può riten­ta­re.

L’appuntamento è per­ciò le Poli­ti­che dell’anno suc­ces­si­vo, quan­do Demo­cra­zia pro­le­ta­ria si pre­sen­ta come car­tel­lo elet­to­ra­le pro­mos­so prin­ci­pal­men­te da Avan­guar­dia ope­ra­ia (Ao) e Lot­ta con­ti­nua (Lc). Quest’ultima dive­nu­ta par­ti­to, supe­ran­do l’astensionismo di fon­do che l’aveva in pre­ce­den­za carat­te­riz­za­ta. Le aspet­ta­ti­ve sono alte: la sini­stra rivo­lu­zio­na­ria in gene­ra­le sem­bra al suo api­ce, si trat­ta, soprat­tut­to per Lc, di sog­get­ti pre­sen­ti in vari set­to­ri del­la socie­tà, dal­le fab­bri­che, ai quar­tie­ri, dal­le caser­me alle scuo­le, con ele­va­te capa­ci­tà di mobi­li­ta­zio­ne, in un Pae­se che sem­bra­va ormai vira­re for­te­men­te a sini­stra. Si azzar­da il pro­no­sti­co di un 10%. Del resto non si dove­va­no impu­gna­re armi e rischia­re la pel­le ma fare una cro­ce con la mati­ta. Fini­ta la con­ta del­le sche­de, al car­tel­lo Dp spet­ta­va inve­ce un 1,52 % alla Came­ra (6 depu­ta­ti, meglio di nien­te) e 0,25 al Sena­to, sen­za elet­ti. Seb­be­ne la sini­stra nel suo insie­me, unen­do, del tut­to teo­ri­ca­men­te, la sto­ri­ca e la nuo­va, fos­se al suo mas­si­mo, al 3% da otte­ne­re la mag­gio­ran­za asso­lu­ta dell’elettorato, l’opzione rivo­lu­zio­na­ria si dimo­stra­va di fat­to inin­fluen­te alle urne. For­se in quei fran­gen­ti c’era più gen­te, soprat­tut­to gio­va­ne e gio­va­nis­si­ma, dispo­sta a spa­ra­re che a dar­ti il voto.

L’ennesima delu­sio­ne elet­to­ra­le sareb­be anda­ta gio­co­for­za a gra­va­re sul­le vicen­de dei mesi suc­ces­si­vi. Su tut­te, lo scio­gli­men­to di Lc nel novem­bre. Tem­po qual­che set­ti­ma­na e sia­mo nel 1977, con l’esplodere del Movi­men­to del Set­tan­ta­set­te. Un’esplosione irruen­ta, crea­ti­va, dis­sa­cran­te, iro­ni­ca e malin­co­ni­ca assie­me, come una catar­si a chiu­su­ra del lun­go Set­tan­tot­to, il cui atto fina­le è con­si­de­ra­to il Con­ve­gno con­tro la repres­sio­ne a Bolo­gna, nel set­tem­bre.

Il movi­men­to, che anco­ra c’è, ora si tro­va tra le tena­glie del­la deri­va lot­tar­ma­ti­sta e, appun­to, la repres­sio­ne degli appa­ra­ti sta­ta­li. C’è l’esigenza di indi­vi­dua­re un ter­re­no comu­ne per fron­teg­gia­re ambe­due i feno­me­ni, poi sin­te­tiz­za­ta, maga­ri bana­liz­za­ta, nel­la for­mu­la del­la dop­pia nega­zio­ne “Né con lo Sta­to né con le Br”. Un com­pi­to, anche in vir­tù pro­prio del respon­so elet­to­ra­le dell’anno pri­ma, di non sem­pli­ce ese­cu­zio­ne.

Tut­ta­via, dopo una serie di con­ve­gni pre­pa­ra­to­ri, il 13–16 apri­le 1978, nel pie­no del seque­stro Moro, si tie­ne al Jol­ly di Roma il Con­gres­so costi­tu­ti­vo del par­ti­to poli­ti­co di Demo­cra­zia pro­le­ta­ria, che adot­ta il sim­bo­lo del car­tel­lo elet­to­ra­le del 1976. A die­ci anni dal 1968 nasce quin­di il par­ti­to del Ses­san­tot­to. Sì per­ché Dp, posto che la com­po­nen­te più nutri­ta fos­se quel­la di pro­ve­nien­za Ao, rac­co­glie nel pro­prio ambi­to tut­ti i filo­ni del pen­sie­ro che ave­va­no fat­to da apri­pi­sta ed ani­ma­to la Con­te­sta­zio­ne: sini­stra comu­ni­sta, maoi­smo, trotz­ki­smo, cat­to­li­ce­si­mo di base, socia­li­smo liber­ta­rio, auto­no­mi­smo ed indi­pen­den­ti­smo inter­no al Pae­se etc., fino ad inclu­de­re l’azionismo, rap­pre­sen­ta­to indub­bia­men­te dal­la sto­ri­ca figu­ra di Vit­to­rio Foa, cui sul­le pri­me sem­bra spet­ta­re la lea­der­ship di fat­to del nuo­vo par­ti­to. Lo stes­so dica­si per le real­tà orga­niz­za­te: mili­ta­ri, sacer­do­ti, magi­stra­ti, medi­ci, inqui­li­ni e via anda­re. Una gran­de e rischio­sa respon­sa­bi­li­tà.

La pri­ma pro­va del­le urne data 1979, con due appun­ta­men­ti elet­to­ra­li fis­sa­ti, in modo assur­do, ad una set­ti­ma­na l’uno dall’altro. Le Poli­ti­che del 3 e 4 giu­gno e le Euro­pee del 10. Tra l’altro Dp si pre­sen­ta ai due appun­ta­men­ti con due diver­si con­tras­se­gni. Alle Poli­ti­che, nel qua­dro di un ulte­rio­re ten­ta­ti­vo uni­ta­rio, è pre­sen­te come Nuo­va sini­stra uni­ta (Nsu), con il solo pugno chiu­so, ed è un disa­stro: 0,80 alla Came­ra e 0,14% al Sena­to. Alle Euro­pee, inve­ce, seb­be­ne il risul­ta­to non miglio­ri in ter­mi­ni per­cen­tua­li, Dp rie­sce ad eleg­ge­re euro­de­pu­ta­to Mario Capan­na, il più cele­bre ses­san­tot­ti­no in Ita­lia. Dota­to di una buo­na dia­let­ti­ca, capa­ce di far­si com­pren­de­re anche dai non addet­ti ai lavo­ri, in un momen­to in cui si ini­zia a far sen­ti­re la media­tiz­za­zio­ne del­la poli­ti­ca, Capan­na, dile­gua­to­si Foa dopo la débâ­cle del­le Poli­ti­che, sem­bra ave­re tut­te le car­te in rego­la per diven­ta­re il lea­der fat­tua­le di Dp, quel­lo in cui l’elettore, seb­be­ne estra­neo alla vita del par­ti­to, pos­sa dar fidu­cia e voto. E così è sta­to, per qual­che anno, pres­so l’opinione pub­bli­ca ma, prin­ci­pal­men­te per fat­to­ri endo­ge­ni al par­ti­to, que­sta, per così dire, con­sa­cra­zio­ne non è avve­nu­ta. Capan­na avreb­be abban­do­na­to il par­ti­to per gui­da­re l’esperienza Ver­di arco­ba­le­no e, in fine, riti­rar­si dal­la poli­ti­ca tra­di­zio­na­le per dedi­car­si alla sag­gi­sti­ca e a for­me di atti­vi­tà pub­bli­ca di altro tipo.

Per­ché Dp, sin dal­le sue pri­me bat­tu­te, rifiu­ta il lea­de­ri­smo e sostie­ne la col­le­gia­li­tà dei grup­pi diri­gen­ti; un prin­ci­pio eti­ca­men­te nobi­le ma che può sot­ten­de­re nei fat­ti l’impossibilità di con­ver­ge­re su una figu­ra rap­pre­sen­ta­ti­va, maga­ri per­ché, visto in que­sto caso il carat­te­re plu­ra­li­sti­co, le per­so­na­li­tà di spic­co sono in insa­na­bi­le con­flit­to tra loro. Si pro­spet­ta così il par­ti­to leg­ge­ro, che può esse­re però schiac­cia­to dal peso, inve­ce, inso­ste­ni­bi­le del­le cor­ren­ti inter­ne.

Sia­mo quin­di agli anni Ottan­ta, e qui la mono­gra­fia si fer­ma. Il decen­nio del riflus­so nel pri­va­to. Rispet­tan­do il pro­prio nome, Dp ha anco­ra in cima ai pen­sie­ri la figu­ra dell’operaio – mas­sa, che resta il prin­ci­pa­le rife­ri­men­to socia­le. Accan­to a ciò, si assi­ste ad un avvi­ci­na­men­to a quel­lo che poi, negli anni Novan­ta, si sareb­be tra­sfor­ma­to nel­la pun­ta di dia­man­te dell’atlantismo bel­li­ci­sta, cioè il Par­ti­to radi­ca­le. Si fan­no lar­go nel dibat­ti­to i dirit­ti civi­li che, in gior­ni a noi vici­ni, sareb­be­ro sta­ti con­trap­po­sti a quel­li socia­li, ed è que­sto anco­ra tema di dibat­ti­to.

Non si trae pro­fit­to dal­la deri­va del Pci, con il Com­pro­mes­so sto­ri­co e la Soli­da­rie­tà nazio­na­le, né dal suo pro­gres­si­vo arre­tra­men­to elet­to­ra­le. Nono­stan­te Dp vi aves­se mes­so qual­che pun­tel­lo, il Pci ha sal­da­men­te in mano le strut­tu­re real­men­te indi­spen­sa­bi­li per il con­sen­so: quel­le eco­no­mi­che, socia­li e coo­pe­ra­ti­vi­sti­che. Le per­cen­tua­li elet­to­ra­li riman­go­no per cui le stes­se che, tut­ta­via, nell’Era demo­cra­ti­ca, iden­ti­fi­ca­bi­le con quel­la di ado­zio­ne del siste­ma elet­to­ra­le pro­por­zio­na­le, con­sen­to­no una rap­pre­sen­tan­za in Par­la­men­to e cen­ti­na­ia di ammi­ni­stra­to­ri negli enti loca­li. Sono que­sti che garan­ti­sco­no e giu­sti­fi­ca­no la soprav­vi­ven­za del par­ti­to. E qui venia­mo alla con­trad­di­zio­ne più bru­cian­te di que­sta sto­ria, ripor­ta­ta dal libro a p. 223 con il para­gra­fo I Pro­ble­mi finan­zia­ri. Già al bilan­cio del 1978 risul­ta come l’87,52% del­le entra­te di Dp fos­se rap­pre­sen­ta­to, in varie for­me, dai finan­zia­men­ti pub­bli­ci. Il par­ti­to che si pone­va come anti­si­ste­ma a sini­stra, anti­ca­pi­ta­li­sta, in una pro­spet­ti­va quin­di rivo­lu­zio­na­ria, dipen­de­va dai sol­di pub­bli­ci e non pote­va con­ta­re sul volon­ta­ria­to dei pro­pri mili­tan­ti. Cri­ti­ci­tà che il con­su­mi­smo indi­vi­dua­li­sta degli Ottan­ta non avreb­be cer­to atte­nua­to.

Ad ogni buon con­to, negli Ottan­ta, Dp resta­va un bene rifu­gio, soprat­tut­to a segui­to del­la scom­par­sa del Pdup – pc che, in via uffi­cia­le nel 1985, com­pi­va il sospi­ra­to rien­tro nel Pci. Era pre­sen­te gros­so­mo­do su tut­to il ter­ri­to­rio nazio­na­le, per quan­to ani­ma­ta da pic­co­li nuclei di atti­vi­sti. Rac­co­glie­va il con­sen­so di diver­si intel­let­tua­li ed arti­sti che fir­ma­va­no gli appel­li al voto o si can­di­da­va­no diret­ta­men­te, rima­nen­do comun­que più sim­pa­tiz­zan­ti che orga­ni­ci nel­la con­ce­zio­ne tra­di­zio­na­le del­la defi­ni­zio­ne. Poli­ti­ca­men­te, Dp si pone­va a sini­stra del Pci, pur non minac­cian­do­ne il con­sen­so, con­tra­stan­do le deri­ve auto­ri­ta­rie che ini­zia­va­no a far­si pres­san­ti negli assen­ti isti­tu­zio­na­li e poli­ti­ci ita­lia­ni. Si bat­te­va su tema­ti­che paci­fi­ste ed anti­nu­clea­ri­ste e, in poli­ti­ca este­ra, ere­di­ta­va un vago anti­so­vie­ti­smo di matri­ce maoi­sta, con la con­dan­na al social – impe­ria­li­smo in meri­to all’Afghanistan, e l’appoggio al dis­si­den­ti­smo nei pae­si dell’Est. Lo spi­ri­to, in sostan­za, era più uma­ni­ta­rio che di valu­ta­zio­ne stret­ta­men­te poli­ti­ca.

Dp con­ta altre­sì due cadu­ti: Pep­pi­no Impa­sta­to, assas­si­na­to dal­la Mafia in pie­na cam­pa­gna elet­to­ra­le per le Comu­na­li a Cini­si, che lo vede­va­no impe­gna­to con una lista vici­na a Dp, e Luca Ros­si, ven­ten­ne mili­tan­te del par­ti­to, ultrà mila­ni­sta, ucci­so a Mila­no nel 1986, in un omi­ci­dio pie­na­men­te adde­bi­ta­bi­le alle leg­gi anti­ter­ro­ri­smo.

Dp, in fine, al con­tra­rio di quan­to era acca­du­to all’esperienza para­dig­ma­ti­ca del Psiup, non implo­de. Si scio­glie nel 1991 ma per con­flui­re nel Movi­men­to per la rifon­da­zio­ne comu­ni­sta. Per il vero, una sua pic­co­la par­te, pro­prio quel­la di pro­ve­nien­za Psiup, for­se seguen­do l’esempio del­lo stes­so Foa, con un tri­plo car­pia­to ade­ri­va inve­ce all’allora Pds.

Rifon­da­zio­ne, nell’ultimo decen­nio del Seco­lo bre­ve, avreb­be rac­col­to il testi­mo­ne pro­prio del ruo­lo di Dp, ora però con una con­si­sten­te com­po­nen­te fisi­ca ex Pci, con­ser­van­do il mede­si­mo corol­la­rio di dif­fi­col­tà e con­trad­di­zio­ni.

Sul­la scor­ta del­la disfat­ta del­la coa­li­zio­ne La Sini­stra l’arcobaleno alle Poli­ti­che del 2008, gli ex Dp gua­da­gna­va­no la Segre­te­ria, con Pao­lo Fer­re­ro, e, sostan­zial­men­te, la clas­se diri­gen­te di Rifon­da­zio­ne, par­ti­to sem­pre più stri­min­zi­to, in peren­ne cri­si d’identità e man mano espul­so dal­la poli­ti­ca isti­tu­zio­na­le, seb­be­ne con un’organizzazione tut­to­ra in pie­di, per cui va dato atto alla sua mili­tan­za.

E tal­vol­ta, anche oggi, capi­ta che rie­mer­ga l’ipotesi di costrui­re una sini­stra alter­na­ti­va alla sini­stra che un tem­po lon­ta­nis­si­mo era il Pci e che oggi, muta­tis mutan­dis, è il suo ere­de mate­ria­le, cioè il Pd. L’excur­sus resti­tui­to da que­sto sag­gio ci infor­ma, in base ai pre­ce­den­ti, del­la fati­ca e del­le dif­fi­col­tà nel pro­var­ci.

Sil­vio Anto­ni­ni

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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