Zela Satti

L’analisi del pensiero strategico di Pechino rivela delle complessità che sfuggono spesso alle interpretazioni occidentali. Non combattere è la regola fondamentale della Cina: lasceranno che tutto, per la sua propensione, si trasformi.

L’immobilismo della Cina muove i fili

Il grande abbraccio “strategico” tra la Russia e la Cina, che tante preoccupazioni genera nell’establishment occidentale, nasce da uno dei più grossolani errori di valutazione da parte degli strateghi atlantici.

Vladimir Putin è un alleato necessario ma scomodo per la Cina poichè, avendo accettato il gioco della guerra, ovvero la relazione di forza preferita degli Stati Uniti, consente un vantaggio di partenza a Washington. ma qui entra in gioco la specificità cinese.

L’analisi del pensiero strategico di Pechino rivela delle complessità che sfuggono spesso alle interpretazioni occidentali. Mentre il pensiero russo si basa su una visione clausevitziana della guerra e della geopolitica, dunque più interpretabile nella nostra tradizione analitica, quello cinese ha radici molto diverse, fondate sulla concezione filosofica e cosmologica del Tianxia (天下), tradotto come “tutti sotto il cielo”.

Questa idea esprime una visione del mondo che riflette un ordine universale in cui l’umanità si muove verso un equilibrio naturale e morale, e tutto ciò riesce a convivere con l’agire specifico della geopolitica, cioè uno strumento analitico proprio del potere e dei governi.

Un elemento centrale del pensiero geopolitico cinese è la formula del “futuro condiviso per l’intera umanità”, una frase che appare ripetutamente nei discorsi ufficiali cinesi. Questo non è un concetto nel senso occidentale del termine, ma piuttosto un segno, un orientamento verso un obiettivo comune.

In cinese, la direzione in cui si muove questa visione è descritta come Ér guāngmíng suǒ xiàng (而光明所向), che significa letteralmente “nella direzione della luce”. Il fine ultimo di questa visione è raggiungere un “vantaggio” (li, 利), ma non come lo intendiamo in termini di guadagno personale o nazionale. Piuttosto, il li è un vantaggio collettivo, un beneficio che deriva dalla situazione e che deve essere sempre morale e per il bene di tutti.

Questa visione si distingue nettamente dalle strategie occidentali, che spesso si basano su piani rigidi e obiettivi specifici. In Cina, la strategia è fluida, adattata alle circostanze. Il li si individua nella situazione esistente, osservando quali sono i fattori favorevoli e quali possono essere coltivati, mentre i fattori negativi vengono ridotti o neutralizzati.

La vera maestria geopolitica, in questo caso, consiste nel far sì che l’avversario sia gradualmente e inconsapevolmente trascinato in una posizione di svantaggio, senza che la Cina debba intervenire attivamente o militarmente.

È qui che entra in gioco uno dei principi fondamentali della tradizione cinese: wu wei (無為), o “non agire”. Questo principio, spesso frainteso, non implica una totale inattività, ma piuttosto un’azione indiretta, un adattarsi alle circostanze in modo tale che tutto si realizzi senza un’interferenza evidente.

Alla fine, secondo questa visione, “niente non sarà fatto” (er wu bu wei, 而無不為): il mondo cambierà e si trasformerà naturalmente (hua, 化), senza che la Cina sembri aver forzato il corso degli eventi.

Un esempio di questa strategia può essere visto nel modo in cui la Cina sta gestendo la questione Taiwan e le sue relazioni geopolitiche globali. Nonostante la crescente tensione con l’isola ribelle e gli Stati Uniti, la Cina negli ultimi 50 anni non ha sparato un solo colpo fuori dai suoi confini.

Le provocazioni di Washington e alleati nel Mar Cinese Meridionale sono costanti, così come il numero di basi militari che stanno letteralmente accerchiando il gigante asiatico.

Nonostante questo e la propaganda che accompagna queste azioni, in cui si continua a parlare di “minaccia cinese”, il governo di Pechino non ha mai risposto con azioni dirette e conflittuali.

Al contrario, Pechino si concentra su iniziative diplomatiche e commerciali, mantenendo un profilo apparentemente passivo mentre lascia che la situazione si evolva in modo tale da indebolire progressivamente la posizione occidentale.

Certo, questo è accompagnato dalla crescita evidente dell’apparato militare, con una produzione dai ritmi sorprendenti, ma sempre nell’ottica della difesa e della deterrenza.

La lezione delle Guerre dell’Oppio è ancora ben presente nella memoria collettiva cinese: difendersi senza provocare. Questo approccio è progettato per spingere le nazioni rivali verso errori strategici.

La perfezione di questa strategia, secondo la visione cinese, sarebbe raggiunta quando la Cina non sarà più vista agire, ma tutto accadrà naturalmente. Questo stato ideale si riflette nel concetto di “cielo”, una forza regolatrice che si rinnova senza mai esaurirsi.

È una visione ciclica e armoniosa del cambiamento, diametralmente opposta alla nozione occidentale di progresso lineare e inarrestabile.

Tuttavia, questo non significa che la Cina non possa mai agire direttamente se necessario. In situazioni critiche, Pechino è pronta a prendere iniziative strategiche per proteggere i propri interessi. Un esempio emblematico è il suo atteggiamento nei confronti della Russia.

Nonostante le profonde differenze tra i due paesi, la Cina ha scelto di stringere i rapporti con Mosca come non era mai accaduto nella storia, consapevole che un indebolimento della Russia lascerebbe Pechino esposta come prossimo bersaglio.

Questo approccio mette in luce un paradosso che molte leadership occidentali, in particolare negli Stati Uniti, sembrano non comprendere appieno. Spingendo due potenze come la Russia e la Cina, che storicamente sarebbero state più avversarie che alleate, a cooperare per sopravvivere, gli Stati Uniti hanno creato un’alleanza che potrebbe avere conseguenze strategiche a lungo termine, a cominciare dalla crescita e attrattiva dei BRICS.

Mentre il mondo osserva, convinto che Pechino sia ferma, la Cina muove i fili.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy: