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Zela Satti

Giorgia Meloni ha messo il sovranismo in soffitta, ha sposato l’agenda Draghi, prende ordini da Washington e Tel Aviv, e si dimostra forte coi deboli e debole coi forti.

Governo Meloni, due anni di disastri

A due anni dall’insediamento di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, il bilancio del suo governo risulta gravemente insufficiente sotto diversi punti di vista.

Sebbene si sia presentata come leader di un partito sovranista e promotore di un cambiamento radicale, la realtà è che ha abbandonato completamente le sue promesse iniziali, ripiegando su un’agenda politica in continuità con quella del suo predecessore Mario Draghi.

Inoltre, la sua gestione appare contraddistinta da una chiara sottomissione agli interessi internazionali di Washington e Tel Aviv, mentre all’interno del paese Meloni si è dimostrata forte solo con i più deboli e timida nei confronti dei poteri forti.

Economia: più povertà e meno diritti

Sul fronte economico, la situazione dell’Italia è nettamente peggiorata rispetto a due anni fa. L’inflazione ha eroso i salari e il costo della vita è aumentato, mentre le misure messe in campo dal governo hanno beneficiato quasi esclusivamente le classi più abbienti.

L’eliminazione del Reddito di Cittadinanza è forse l’esempio più lampante di come questo governo abbia colpito direttamente le fasce di popolazione più vulnerabili. Mentre i ceti medi e popolari soffrono, i ceti alti continuano a beneficiare di favori fiscali che aumentano la disuguaglianza.

La retorica del governo sui tagli alle tasse non ha portato risultati concreti per la maggior parte degli italiani. La riduzione del cuneo fiscale, tanto annunciata, non ha compensato gli effetti devastanti dell’inflazione.

Piuttosto che implementare una politica di sostegno alla crescita salariale, Meloni ha preferito mantenere un profilo basso, lasciando lavoratori e famiglie italiane a combattere da soli contro una crisi economica sempre più pesante.

Nel settore pubblico, in particolare, i salari rimangono bloccati e la qualità della vita dei lavoratori, compresi insegnanti e dipendenti pubblici, è in netto declino. Gli insegnanti, per esempio, sono tra i più sottopagati d’Europa, nonostante le crescenti responsabilità burocratiche e pedagogiche che devono affrontare.

Politica estera: un’Italia asservita

Meloni ha cercato di vendere l’idea che il suo governo abbia riportato l’Italia al centro della scena internazionale. Tuttavia, questa pretesa si scontra con una realtà molto diversa: l’Italia, più che mai, appare subordinata agli interessi di Stati Uniti e NATO.

La linea seguita sulla guerra in Ucraina è un chiaro esempio di questo asservimento: l’Italia è stata tra i primi paesi a sostenere l’invio di armi a Kiev, allineandosi completamente alle politiche occidentali senza mai mettere in discussione la strategia complessiva.

Le compromissioni internazionali del governo Meloni ci hanno spinto in prima linea nel conflitto con la Russia, senza che vi sia una chiara strategia per mitigare i rischi o per promuovere una soluzione diplomatica.

Ancora più preoccupante è l’acquiescenza del governo alle operazioni di Israele nel Medio Oriente. Meloni ha offerto un sostegno incondizionato a Tel Aviv, ignorando le gravi violazioni dei diritti umani in Cisgiordania e Gaza.

Il genocidio in atto a Gaza e le operazioni militari di Israele in Libano, Iran e Siria sono state avallate dall’Italia senza alcuna critica sostanziale. Questa subordinazione ai voleri di Washington e Tel Aviv mette in pericolo la reputazione e l’integrità morale del nostro paese, oltre a esporci a future ripercussioni internazionali.

Politiche industriali e occupazione: un vuoto di idee

Sul fronte industriale, il governo Meloni si è dimostrato incapace di elaborare una visione strategica. L’audizione di Carlos Tavares, CEO di Stellantis, in Parlamento ha evidenziato la mancanza di risposte concrete da parte del governo alle richieste di investimenti necessari per mantenere competitiva l’industria automobilistica italiana.

Se la Fiat dovesse smobilitare, si tratterebbe di una catastrofe industriale ed economica per il paese, ma Giorgetti, ministro dello sviluppo economico, non ha mostrato alcuna capacità di affrontare la crisi.

La cassa integrazione, già estesa a molte aziende del settore, è solo un tampone temporaneo che non risolve le problematiche di fondo del settore manifatturiero italiano.

Il declino democratico e la repressione sociale

Un altro segno distintivo dei due anni di governo Meloni è il deterioramento della qualità della democrazia italiana. Il diritto di sciopero è stato minato da una serie di provvedimenti che mirano a limitare la capacità di mobilitazione dei lavoratori, e il clima generale è diventato sempre più cupo e repressivo.

Il governo ha perseguito una politica di controllo sociale che si è manifestata nell’aumento delle pene e nella criminalizzazione di comportamenti che in passato erano considerati normali espressioni di dissenso.

Parallelamente, Meloni ha offerto una sorta di impunità ai potenti: la depenalizzazione dell’abuso d’ufficio e di altri reati ha avvantaggiato i colletti bianchi e i dirigenti pubblici, lasciando intendere che la giustizia è diventata più permissiva verso chi detiene il potere, mentre si è fatta sempre più dura nei confronti delle classi meno abbienti.

Forte con i deboli, debole con i forti

Il tratto distintivo di questi due anni di governo Meloni è una profonda incoerenza: il governo si è dimostrato forte con i più deboli — colpendo i poveri, limitando i diritti civili e tagliando i sussidi — ma debole nei confronti dei poteri forti, siano essi nazionali o internazionali.

Ha preferito piegarsi alle richieste di Washington e Tel Aviv piuttosto che difendere gli interessi italiani, e ha lasciato che il peso della crisi economica ricadesse sulle spalle delle classi lavoratrici. Questo modello di governo non solo ha impoverito ulteriormente il paese, ma ha anche messo a rischio i valori fondamentali della democrazia e della giustizia sociale.

A due anni dall’inizio del suo mandato, il governo Meloni ha fallito nel mantenere le promesse fatte agli italiani. Il sovranismo, che era il pilastro ideologico della sua campagna elettorale, è stato completamente messo da parte a favore di un’agenda imposta dai mercati internazionali e dalle potenze straniere

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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