Il calo dell’affluenza alle urne nelle elezioni, confermato dalle regionali in Liguria, segnala una crisi profonda della democrazia rappresentativa borghese. Solo una critica marxista può permettere di comprendere a pieno la disillusione della classe lavoratrice e l’urgenza di alternative.

Le recenti elezioni regionali in Liguria hanno segnato un nuovo capitolo del netto calo dell’affluenza alle urne in Italia, un fenomeno che abbiamo già avuto modo di sottolineare in numerose altre occasioni. Mentre i mass media mainstream hanno sottolineato la vittoria di misura dell’ex sindaco di Genova Marco Bucci, rappresentante del centro-destra, ai danni del candidato del centro-sinistra Andrea Orlando, noi vogliamo disinteressarci di questa sfida interna al partito unico neoliberista, mettendo nuovamente in luce la crisi sistemica della democrazia rappresentativa di stampo borghese in Italia (e in Occidente in generale).

Negli ultimi anni, l’Italia ha assistito a un costante declino della partecipazione alle elezioni regionali, un fenomeno che evidenzia una crisi profonda della democrazia rappresentativa di stampo borghese. A nostro modo divedere, la democrazia italiana, basata sulla rappresentanza elettorale e sulla struttura parlamentare, mostra un evidente distacco tra la classe politica e la popolazione, sintomo di un sistema che ha smesso di rispondere ai bisogni e alle aspirazioni reali del popolo. Attraverso una critica marxista, cercheremo di capire perché questo modello politico, nato per garantire la rappresentanza della classe borghese, si stia progressivamente disgregando, mettendo in evidenza il ruolo delle istituzioni politiche e il loro distacco crescente dalla classe lavoratrice, privata di una vera rappresentanza nelle istituzioni.

Un’analisi dei tassi di affluenza delle ultime elezioni regionali rivela un preoccupante calo di partecipazione:

Lazio (12-13 febbraio 2023): 37,20% (-29,35%)
Lombardia (12-13 febbraio 2023): 41,68% (-31,42%)
Friuli-Venezia Giulia (2-3 aprile 2023): 45,27% (-4,34%)
Molise (25-26 giugno 2023): 47,95% (-4,21%)
Provincia Autonoma di Trento (22 ottobre 2023): 58,41% (-5,64%)
Sardegna (25 febbraio 2024): 52,40% (-1,34%)
Abruzzo (10 marzo 2024): 52,19% (-0,92%)
Basilicata (21-22 aprile 2024): 49,81% (-3,71%)
Piemonte (8-9 giugno 2024): 55,30% (-8,04%)
Liguria (27-28 ottobre 2024): 45,97% (-7,45%)

Questi numeri non sono solo dati statistici, ma veri e propri indicatori di una crisi sistemica. Gli elettori, ormai disillusi, vedono infatti le istituzioni come strumenti al servizio della classe dominante, e non come espressione della volontà popolare.

Secondo una prospettiva marxista, la democrazia rappresentativa non è stata progettata per rappresentare realmente il popolo, ma per garantire il dominio della classe borghese attraverso un sistema di rappresentanza che simula la partecipazione popolare senza concedere vero potere decisionale. Questo sistema, difatti, lascia pochissimo margine di manovra alle masse lavoratrici, che si trovano a votare per candidati appartenenti a un’élite politica, economica e sociale. Tale élite risponde, per forza di cose, agli interessi dei capitalisti piuttosto che ai bisogni della popolazione lavoratrice, agendo nei fatti come un vero e proprio partito unico. Anche nel caso in cui dovessero emergere contrasti al suo interno, questi rappresenterebbero unicamente rivalità in seno alla classe dominante.

L’idea che ogni individuo abbia una voce eguale nel processo decisionale è, dalla nostra prospettiva, una farsa, poiché nella pratica il potere è detenuto da chi possiede il capitale e controlla i mezzi di produzione. In altre parole, sebbene la classe lavoratrice sia numericamente maggioritaria, il sistema elettorale e le istituzioni rappresentative, grazie anche al prezioso contributo degli organi dell’informazione, sono strutturati in modo tale da favorire gli interessi della minoranza borghese, secondo il motto marx-engelsiano “le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante” (da L’ideologia tedesca).

Il costante calo dell’affluenza alle urne è il segnale più evidente di una crescente alienazione del popolo dal processo politico. La classe lavoratrice, costantemente delusa dalle promesse non mantenute e dalle politiche che favoriscono gli interessi dei ricchi, si sente estranea a una struttura che non la rappresenta. La democrazia borghese risulta del resto incapace di risolvere le contraddizioni interne del capitalismo (anche perché non è stata pensata per assolvere a questo compito), e finisce per escludere attivamente la partecipazione popolare. Questo fenomeno è noto come “disillusione politica” e rappresenta uno dei segni più evidenti di una crisi di legittimità delle istituzioni borghesi.

Come noto agli osservatori, i rappresentanti politici italiani si concentrano sempre meno su questioni reali come il lavoro, la salute, l’educazione e la casa, e sempre più su interessi economici che favoriscono l’élite imprenditoriale, dirottando il dibattito pubblico su temi riguardanti la “sovrastruttura”, senza mai mettere in dubbio la “struttura”. Tale distacco emerge chiaramente nelle politiche di austerità, nei tagli alla spesa pubblica e nelle riforme del lavoro che minano i diritti dei lavoratori e aumentano la precarietà. Le priorità dei politici, dunque, rispondono sempre meno alle esigenze della popolazione e sempre più agli imperativi del mercato e delle grandi imprese.

Questo distacco è evidente anche nel linguaggio e nella retorica della classe politica, che spesso ignora le esigenze e le preoccupazioni delle “persone comuni”. Il ricorso a termini tecnici, anglicismi superflui e a slogan vuoti contribuisce ad aumentare la distanza tra chi governa e chi è governato, creando una situazione in cui il cittadino medio non si sente rappresentato né ascoltato.

Come accennato, un elemento fondamentale nel mantenimento della democrazia borghese è il controllo dell’informazione. I media, posseduti da pochi grandi gruppi editoriali, svolgono un ruolo determinante nella formazione dell’opinione pubblica, utilizzando una retorica che cerca di distogliere l’attenzione dai problemi reali e di giustificare il sistema esistente, presentandolo addirittura come l’unico possibile. La manipolazione dell’informazione impedisce alla popolazione di sviluppare una reale coscienza di classe, poiché promuove una visione del mondo che vede il capitalismo come sistema naturale e inevitabile, una sorta di spinoziano Capitalismus sive natura.

La soluzione, secondo una prospettiva marxista, risiede unicamente in una riorganizzazione della classe lavoratrice e in un ripensamento delle forme di rappresentanza politica. Solo attraverso l’auto-organizzazione e la costruzione di un’alternativa socialista al sistema attuale, il proletariato potrà rivendicare i propri diritti e superare il sistema borghese.

Un passo fondamentale sarebbe la costruzione di strutture politiche e sociali che permettano una partecipazione reale e diretta dei lavoratori alle decisioni che li riguardano, come i consigli operai e le assemblee popolari. Questi strumenti permetterebbero di sostituire il modello della democrazia rappresentativa con un modello di democrazia diretta, in cui il potere decisionale appartiene veramente al popolo. Ma il primo passo dovrebbe essere quello della riorganizzazione di un Partito Comunista forte e unito, che possa rappresentare una reale alternativa al partito unico neoliberista.

Alla luce della nostra analisi, possiamo concludere che la crisi della democrazia rappresentativa in Italia non è un semplice problema politico; è il sintomo di una malattia sistemica che colpisce l’intero modello sociale ed economico del mondo occidentale. Il costante calo dell’affluenza alle urne dimostra che sempre più persone stanno perdendo fiducia nelle istituzioni borghesi e desiderano un cambiamento reale. Questo cambiamento non può avvenire all’interno delle strutture capitalistiche, ma richiede una trasformazione radicale del sistema stesso.

Il cammino verso un’alternativa socialista non è semplice, ma rappresenta l’unica via per costruire una società realmente democratica e giusta. Una società in cui la voce del popolo non sia più solo un simulacro, ma una forza reale capace di plasmare il proprio futuro e di superare le contraddizioni del capitalismo.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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