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L’ultima puntata di Report ha suscitato un impatto rilevante nel panorama dell’informazione televisiva italiana, poiché, probabilmente per la prima volta in prima serata, un programma della rete pubblica ha documentato in modo approfondito le devastazioni in atto a Gaza e nei territori palestinesi occupati.
La trasmissione ha infatti sollevato il velo su temi e immagini che spesso vengono omessi dal dibattito mediatico, affrontando questioni politiche e umanitarie di estrema complessità e sensibilità.
La reazione isterica della politica non si è fatta attendere. Il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri, si scaglia apertamente contro Rai3 e la trasmissione di Sigfrido Ranucci attraverso i suoi canali social, in particolare su X dove scrive: “Vergognosa e pericolosa propaganda anti-Israele sulla televisione pubblica italiana. Su RAI3 si dice ‘Il 7 ottobre? Da condannare, ma ha le sue ragioni profonde’. Ho fatto bene a segnalare alla magistratura gli antisemiti della Rai. Report Rai3 è l’Hamas della tv. Dietro c’è più di quel che appare”.
Report mostra per la prima volta in Tv gli orrori israeliani a Gaza
Uno dei temi centrali trattati da Report è stato l’intreccio di interessi economici e politici che lega Israele e i paesi occidentali, in particolare per quanto riguarda l’industria delle armi.
L’embargo internazionale impone divieti all’acquisto di armi da paesi impegnati in conflitti, ma questo principio, ha evidenziato la trasmissione, sembra non essere applicato a Israele, creando una contraddizione che influisce sugli equilibri e sulle responsabilità internazionali.
Durante la puntata, sono stati forniti dati e testimonianze sugli effetti dei bombardamenti israeliani, sui danni alle infrastrutture e sulle condizioni di vita sempre più insostenibili per i civili palestinesi, elementi che sollevano interrogativi sulla legittimità di definire genocidio le azioni condotte da Israele a Gaza.
In particolare, l’inchiesta ha ricordato come la definizione di genocidio delle Nazioni Unite includa atti specifici come l’uccisione di membri di un gruppo, l’imposizione di condizioni di vita insopportabili o lesioni gravi all’integrità fisica e mentale.
Secondo quanto emerso, diverse delle azioni israeliane rientrano nella definizione di genocidio stabilita dalla normativa internazionale, suscitando un dibattito su scala globale e sollecitando una riflessione sull’uso di questa terminologia, che tuttavia resta un capo d’accusa formale per alcuni tribunali internazionali.
Oltre agli orrori documentati, la trasmissione ha trattato l’evoluzione della politica estera italiana. In passato, il nostro paese ha spesso sostenuto la causa palestinese, con leader storici come Andreotti, Moro, Craxi e Berlinguer che, pur appartenendo a correnti politiche diverse, mantennero una linea di equità e dialogo.
Report ha evidenziato come questo orientamento sia cambiato, con una svolta iniziata durante l’era Berlusconi, avvicinando l’Italia a posizioni di maggior vicinanza politica a Israele, anche a costo di apparire più distante dal dramma palestinese.
Un episodio rilevante nel corso della trasmissione ha riguardato le parole del Ministro degli Esteri Antonio Tajani. Alla domanda sulla posizione italiana rispetto alle azioni di Israele e le conseguenze per i palestinesi, Tajani ha fatto un confronto con il genocidio nazista, una replica che ha suscitato reazioni per la delicatezza e la rilevanza del tema. La trasmissione ha così posto in evidenza l’influenza che la memoria dell’Olocausto ha sul dibattito pubblico riguardante Israele, con accenti particolarmente forti in ambito diplomatico.
Un altro intervento che ha sollevato discussioni è stato quello di Fiamma Nirenstein, che ha sostenuto l’inapplicabilità del termine “genocidio” a Israele per evitare un’associazione con il nazismo. Tuttavia, la trasmissione ha dimostrato come il termine “genocidio” venga invece impiegato in contesti giuridici internazionali, non come un attacco personale, ma come un’accusa formale basata su prove e sulla normativa delle Nazioni Unite.
E nonostante il peso e le polemiche intorno alla terminologia, esistono molti israeliani stessi che si oppongono pubblicamente alla politica del proprio paese, denunciando la violenza e le conseguenze per il popolo palestinese.