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L’offensiva di Confindustria contro la piattaforma dei sindacati confederali fa saltare la trattativa per il rinnovo del CCNL metalmeccanico, cogliendo impreparate le burocrazie sindacali. In un contesto di crisi generale e di montante insoddisfazione si riapre una potenziale finestra per il rilancio dell’iniziativa conflittuale della classe lavoratrice. La stagione di lotta che si prospetta sarà un importante banco di prova per il conflitto di classe nel nostro paese, con la sfida all’orizzonte di mettere in discussione gli argini imposti dalle leadership burocratiche.


Dopo otto incontri e 6 mesi di trattativa serrata, i sindacati confederali Fiom, Uilm e Fim abbandonano il tavolo di confronto per il rinnovo del CCNL metalmeccanico denunciando la totale indisponibilità di Federmeccanica e Assistal nel trovare un accordo sulla base della piattaforma presentata dalle organizzazioni sindacali.

Come abbiamo già precedentemente commentatola piattaforma presentata dai sindacati confederali è più avanzata rispetto al passato, con la richiesta di una progressiva riduzione a 35 ore dell’orario di lavoro a parità di salario, aumento di salario mensile di 280 euro spalmato nel triennio di applicazione, aumento di elemento perequativo a 700 euro e welfare aziendale a 250 euro. Le organizzazioni degli industriali hanno ineditamente risposto non concedendo alcuna mediazione su nessuno dei punti presentati dai sindacati, arrivando al punto di presentare una contro-piattaforma in cui si nega qualsiasi aumento certo di salario per i prossimi quattro anni proponendo di legare gli aumenti esclusivamente all’andamento dell’indice Ipca-Nei. Nella sostanza si tratta di una proposta peggiorativa persino rispetto al deludente contratto firmato nel 2021.

Con questa mossa le organizzazioni padronali vogliono vincolare gli aumenti all’indice attualmente utilizzato per rivalutare gli stipendi a fronte dell’inflazione: si tratta però di un meccanismo che porta a recuperare solo parte dello stipendio perso, sia perché non vengono conteggiati i beni energetici importati sia per la possibilità delle aziende di assorbire i superminimi. Pertanto non sorprende che nell’ultimo triennio i lavoratori e le lavoratrici abbiano comunque perso circa il 5% del proprio potere di acquisto nonostante gli aumenti ottenuti con le clausole di salvaguardia e la contrattazione, confutando la tesi di Confindustria sugli “aumenti senza precedenti” con cui viene motivata la clamorosa offensiva padronale.

L’indisponibilità degli industriali alla trattativa era evidente già prima dell’estate, ma – nonostante l’esito fosse prevedibile – le burocrazie sindacali hanno preferito continuare gli incontri senza nel frattempo organizzare alcuno sciopero con cui sarebbe stato possibile acquisire forza. Del resto Confindustria sta metodicamente organizzando un attacco ai lavoratori e alle lavoratrici per recuperare i margini di profitto che sta perdendo nella crisi dell’automotive e della manifattura, scaricando sulla nostra classe il prezzo delle scellerate scelte dei capitalisti del nostro paese.

Inoltre, si stanno accumulando tensioni tra classe lavoratrice e padronato in tutti gli altri settori strategici del paese, mentre il governo prepara una manovra economica dai forti contorni anti-operai. Difatti stiamo assistendo a una ondata senza precedenti di scioperi dei trasporti generata dalle terribili condizioni di lavoro imposte, a un rinnovo molto travagliato per il ccnl dei portuali, al mancato rinnovo del ccnl del pubblico impiego, alla brusca interruzione delle trattative per il rinnovo del ccnl logistica dopo ben 20 incontri. In tutti i settori chiave la classe capitalista sta stringendo la sua morsa a danno della classe lavoratrice, con attacchi violentissimi che costringono a reagire persino le soporifere burocrazie confederali.

Di fronte a questa radicalizzazione del padronato è ancora più importante riprendere in mano l’iniziativa conflittuale come lavoratori e lavoratrici, lasciandosi alle spalle qualsiasi illusione concertativa. Non otterremo mai alcuna riduzione oraria a parità di salario e non recupereremo mai lo spaventoso gap salariale con il resto d’Europa con le sole trattative. Serve piuttosto ricostruire i rapporti di forza a nostro favore in tutti i posti di lavoro, rilanciando il sindacalismo combattivo dentro la Fiom, in totale opposizione alla leadership burocratica e stantia di Landini e De Palma. Per questo è fondamentale costruire collettivi di lavoratori e lavoratrici in tutte le aziende, per allargare il coinvolgimento al di là del passivizzato “popolo delle tessere” su cui poggia la burocrazia sindacale e quindi sviluppare nuove energie per alimentare la lotta.

Queste settimane che verranno di contestazione nel settore metalmeccanico e, soprattutto, l’imminente sciopero generale del 29 Novembre chiamato da Cgil e Uil saranno un importante banco di prova. La scommessa è che la rabbia dei lavoratori e delle lavoratrici riesca ad incrinare gli argini imposti dalla burocrazia sindacale, riattivando una stagione di conflitto di classe nel nostro paese. Per quanto nel mettere in difficoltà le leadership sindacali sarà ovviamente determinante la forza della spinta dalla base, è importante che chiunque abbia spirito combattivo ragioni strategicamente come sfruttare al meglio questa occasione di lotta.

Serve costruire attivamente e con intelligenza il nostro potere come classe lavoratrice tramite un lavoro capillare che contenda ovunque gli spazi alla leadership burocratica, in quanto dopo anni di sistematico soffocamento del conflitto di classe non basta invocare a vuoto la “rivolta sociale” come fa il segretario della Cgil. Perché quel che c’è in gioco non sono “semplicemente” qualche centinaio di euro in più o in meno, bensì la nostra capacità di incidere collettivamente e di riprendere in mano l’iniziativa nel conflitto contro il padronato. Un conflitto che è presente a prescindere dalla nostra volontà di lottare – com’è evidentemente dimostrato dalle azioni degli industriali – che pertanto per non subirlo ci spinge necessariamente a tornare all’offensiva.

Giuseppe Lingetti

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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